I Crinoidi (CrinoideaMiller, 1821) sono una classe di echinodermi, unica classe del subphylum Crinozoa[1]. La classe comprende 648 specie viventi e oltre 5.000 specie fossili. Sono comunemente noti come gigli di mare o stelle marine piumate.
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Crinoidi
Colonia di crinoidi sulla barriera corallina dell'isola di Komodo (Indonesia)
Comparsi nell'Ordoviciano, i crinoidi hanno avuto grande diffusione durante tutto il Paleozoico. Nel sito paleontologico di Cabeço da Ladeira (Portogallo), è stato trovato un crinoide fossile alla fine della sua traccia di locomozione (Krinodromos bentou)[2]. Durante il Paleozoico e il Mesozoico sono tra i principali organismi produttori di carbonato, costituendo i calcari a crinoidi o encriniti. Sono state descritte oltre 5000 specie fossili. A partire dalla fine del Permiano, la gran parte delle linee evolutive dei crinoidi (sottoclassi Cladida, Flexibilia, Camerata e Disparida) sono andate incontro ad estinzione di massa, con l'unica eccezione della sottoclasse degli Articulata, a cui appartengono tutte le specie viventi attualmente note.[3]
Descrizione
Al pari degli altri echinodermi (ricci di mare, stelle marine, etc.) sono organismi bilateri allo stadio larvale, mentre gli adulti presentano una simmetria radiale pentamera e sono dotati di un endoscheletro calcareo.[3]
Le caratteristiche che distinguono i crinoidi da altri echinodermi sono:[4]
una teca, o calice, che contiene o sostiene i visceri, formata da piccole piastre ossee fuse insieme a forma di tazza; può essere sostenuta da un peduncolo e possedere vari organi di fissazione al substrato, definitivi o temporanei;
cinque braccia flessibili, di solito ramificate e a forma di piuma;
bocca e ano situati entrambi sulla superficie orale, che è rivolta verso l'alto.
Nella struttura di ogni crinoide si riconoscono tre parti ben distinte: il peduncolo, il calice e le braccia, usualmente in numero di cinque, a simmetria radiata. Il calice e le braccia insieme formano la corona.[5] Il peduncolo, detto anche columna, è una struttura segmentaria, formata da articoli o piastre colonnali; le singole piastre, composte di calcite, possono avere, a seconda della specie, sezione circolare, quadrata, ellittica, pentagonale o stellata, con superficie liscia o percorsa da striature radiali. In alcune specie il peduncolo porta, nella porzione aborale, delle appendici chiamate cirri, anch'esse munite di articoli mineralizzati, con i quali l'animale si fissa al substrato. La porzione ove il peduncolo prende contatto con il substrato prende il nome di capsula. In molte specie (Comatulida) il peduncolo è atrofizzato e i cirri si dipartono direttamente dalla base del calice.
Il calice, detto anche teca, presenta una forma simile ad una coppa e contiene al suo interno gli organi vitali; è composto da una serie di piastre ossee pentagonali, rigide o articolate, e da una membrana (tegmen o disco), talvolta calcificata, sulla quale si trovano la bocca e l'ano.
Al calice sono attaccate cinque braccia, che a loro volta si biforcano per formare 10 o più appendici, frequentemente molto ramificate, dotate di pinnule cave. Braccia e pinnule presentano piccole piastre brachiali, disposte in serie semplici o doppie. Le pinnule prossimali o pinnule orali (vicine alla bocca) sono molto più grandi delle altre e sono dotate di podia, estroflessioni munite di papille sensoriali; man mano che ci si sposta verso la porzione distale delle braccia le pinnule vanno rimpicciolendo.
Larva
La larva dei crinoidi è detta vitellaria o doliolaria. Nella prima fase del loro sviluppo le larve nuotano libere nel plancton, per poi ancorarsi con un peduncolo al substrato, divenendo bentoniche.[5]
Sono organismi bentonici; la maggior parte delle specie (Comatulidi), pur vivendo sempre a stretto contatto con il fondale, hanno la facoltà di spostarsi liberamente, nonostante gli spostamenti siano al massimo di pochi metri; alcune specie invece (p.es. gli Isocrinidi) sono strettamente ancorate al fondale; alcuni di esse (Endoxocrinus spp., Neocrinus spp.) se minacciate, possono troncare il peduncolo e riacquistare temporaneamente mobilità, utilizzando le braccia come propulsori[6][7].
Alimentazione
Sono organismi filtratori passivi, che si nutrono di una varietà di protisti (actinopodi, diatomee e altre alghe unicellulari, foraminiferi), larve di invertebrati, piccoli crostacei e detriti organici. Le particelle di nutrienti vengono catturate dalle braccia ramificate, ricoperte di secrezioni mucose, e sospinte verso la bocca.[3]
Riproduzione
Sono animali gonocorici, cioè a sessi separati. I gameti sono prodotti da pinnule specializzate situate alla base delle braccia, e la fecondazione è esterna, cioè i gameti vengono liberati nell'acqua. Dopo la fecondazione le uova sono conservate alla base delle pinnule, sino alla schiusa.[8]
Predatori
Tra i potenziali predatori dei crinoidi vi sono i pesci di almeno nove famiglie differenti: Lutjanidae, Ephippidae, Chaetodontidae, Labridae, Monacanthidae, Tetraodontidae, Notacanthidae, Balistidae e Sparidae. Tra le specie che si cibano preferenzialmente di crinoidi vi sono l'orata (Sparus aurata) e il pesce balestra pagliaccio (Balistoides conspicillum). Nella maggior parte dei casi la predazione non è letale e si risolve nella amputazione, parziale o totale, di alcune braccia, che sono in grado di autorigenerarsi.[9] In molte specie di crinoidi è stata documentata la capacità di difendersi dalle aggressioni con l'autotomia.[10]
I crinoidi sono presenti in tutti i mari del mondo, eccetto il mar Nero e il mar Baltico[4][13]. La maggiore biodiversità si osserva nel bacino dell'Indo-Pacifico[3]. Nel mar Mediterraneo sono presenti diverse specie, la più comune è il giglio di mare (Antedon mediterranea).
Popolano le barriere coralline e i fondali rocciosi, dalla zona intertidale alle profondità abissali[4].
Milanesi M. e Andreoni G., Simbiosi e commensalismo, su acquaportal.it. URL consultato il 23 novembre 2014 (archiviato dall'url originale il 29 novembre 2014).
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