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Paraphlomideae Bendiksby, 2011 è una tribù di piante spermatofite dicotiledoni appartenenti alla famiglia delle Lamiaceae (ordine Lamiales).[1]

Come leggere il tassobox
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Paraphlomideae
Classificazione APG IV
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
(clade) Angiosperme
(clade) Mesangiosperme
(clade) Eudicotiledoni
(clade) Eudicotiledoni centrali
(clade) Asteridi
(clade) Euasteridi I
Ordine Lamiales
Famiglia Lamiaceae
Sottofamiglia Lamioideae
Tribù Paraphlomideae
Bendiksby, 2011
Classificazione Cronquist
taxon non contemplato
Generi
  • Ajugoides
  • Matsumurella
  • Paraphlomis

Etimologia


Il nome della tribù deriva dal suo genere tipo: Paraphlomis, la cui etimologia è formata da due parole greche: "para" ( prefisso greco che significa a fianco, vicino)[2] e "phlogoj" ( = fiamma).[3][4] Il nome scientifico della tribù è stato definito dalla botanica contemporanea Mika Bendiksby nella pubblicazione "Taxon; Official News Bulletin of the International Society for Plant Taxonomy. Utrecht - 60(2): 481." del 2011.[5][6]


Descrizione


  • Formula fiorale. Per la famiglia di queste piante viene indicata la seguente formula fiorale:
X, K (5), [C (2+3), A 2+2] G (2), (supero), drupa, 4 nucule[7][10]
  • Calice: il calice, gamosepalo è persistente con forme da campanulate a tubulose o obconiche. Il calice termina con 5 lobi uguali o subuguali dalle forme ampiamente triangolari alla base; all'apice sono mucronati, talvolta anche spinescenti. In qualche caso i lobi sono poco evidenti. La superficie si presenta con 5 - 10 venature.
  • Corolla: la corolla, gamopetala e zigomorfa, alla base ha la forma di un tubo e termina con due evidenti labbra con 4 lobi totali (raggruppamento 1/3), se i lobi sono 5 allora il raggruppamento è 2/3. Il labbro superiore (quello posteriore), è lungo ed ha la forma di un cappuccio (in alcune specie può essere piatto) a volte densamente peloso (ma non barbuto); quello inferiore è più o meno patente disposto a 90°, e termina con tre lobi (generalmente quello centrale è più evidente); i lobi sono arrotondati e interi. In alcune specie le fauci internamente sono circondate da un anello di peli obliqui per impedire l'accesso ad insetti più piccoli e non adatti all'impollinazione.[12] I colori della corolla sono rosa, bianco, purpureo o giallo. Lunghezza della corolla: 8 - 22 mm.
  • Androceo: l'androceo possiede quattro stami didinami (quelli anteriori sono più lunghi) tutti fertili e inclusi nella corolla (Matsumurella) e posizionati sotto il labbro superiore, o appena sporgenti dalla stessa. I filamenti sono complanari, più o meno pelosi e sono adnati alla corolla. Le antere sono ravvicinate a coppie e sono biloculari; sono glabre o con ghiandole sessili. Le teche sono poco distinte, parallele o strettamente divergenti; la deiscenza è logitudinale; in qualche caso sono pubescenti. I granuli pollinici sono del tipo tricolpato o esacolpato. Il nettario è ricco di sostanze zuccherine ed ha la forma di un anello o una cupola.
  • Gineceo: l'ovario è supero formato da due carpelli saldati (ovario bicarpellare) ed è 4-loculare per la presenza di falsi setti. La placentazione è assile. Gli ovuli sono 4 (uno per ogni presunto loculo), hanno un tegumento e sono tenuinucellati (con la nocella, stadio primordiale dell'ovulo, ridotta a poche cellule).[13] Lo stilo inserito alla base dell'ovario (stilo ginobasico) è del tipo filiforme ed è incluso nella corolla. Lo stigma è bifido con lobi subuguali o ineguali.

Riproduzione



Distribuzione e habitat


Le specie di questa tribù hanno una distribuzione asiatica orientale con habitat tipici delle foreste e pendii collinari tropicali e subtropicali indonesiani o delle foreste montane giapponesi (Ajugoides humilis).


Sistematica


La famiglia di appartenenza della tribù (Lamiaceae), molto numerosa con circa 250 generi e quasi 7000 specie[7], ha il principale centro di differenziazione nel bacino del Mediterraneo e sono piante per lo più xerofile (in Brasile sono presenti anche specie arboree). Per la presenza di sostanze aromatiche, molte specie di questa famiglia sono usate in cucina come condimento, in profumeria, liquoreria e farmacia. La famiglia è suddivisa in 7 sottofamiglie; la tribù Paraphlomideae appartiene alla sottofamiglia Lamioideae.[1]


Filogenesi


Cladogramma della tribù
Cladogramma della tribù

Questa tribù di recente circoscrizione contiene il genere Matsumurella le cui specie spesso vengono incluse nel gruppo Galeobdolon (incluso nel genere Lamium). Anche altre tre specie cinesi descritte in Galeobdolon (G. szechuaense C.T. Wu, G. yangsoense Sun e G. kwangtungense C.Y. Wu) potrebbero essere incluse in Matsumurella più che in Lamium (sezione Galeobdolon).[9]

La tribù è sufficientemente monofiletica e all'interno della sottofamiglia Lamioideae si trova in posizione di "gruppo fratello" del clade formato dalle seguenti tribù: Phlomideae, Leonureae, Marrubieae, Lamieae e Leucadeae. Oltre ai generi indicati al clade "Paraphlomideae" appartiene una specie cinese del genere Lamium (L. chinense). Questa, insieme alla specie Matsumurella tuberifera, formano un clade ben supportato.[16][17]

Il cladogramma a lato, tratto dallo studio citato[16] e semplificato, dimostra la struttura interna della tribù.


Composizione della tribù


La tribù è formata da 3 generi e 14 specie:[1][9]


Note


  1. Olmstead 2012.
  2. David Gledhill 2008, pag. 290.
  3. David Gledhill 2008, pag. 300.
  4. Botanical names, su calflora.net. URL consultato il 23 novembre 2015.
  5. The International Plant Names Index, su ipni.org. URL consultato il 23 novembre 2015.
  6. eFloras - Flora of China, su efloras.org. URL consultato il 23 novembre 2015.
  7. Judd, pag. 504.
  8. Strasburger, pag. 850.
  9. Kadereit 2004, pag. 221.
  10. dipbot.unict.it, https://web.archive.org/web/20160304200501/http://www.dipbot.unict.it/sistematica/Lami_fam.html (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016).
  11. Bendiksby et al. 2011, pag. 481.
  12. Motta 1960, pag. 617.
  13. Musmarra 1996.
  14. Kadereit 2004, pag. 181.
  15. Strasburger, pag. 776.
  16. Bendiksby et al. 2011, pag. 478.
  17. Scheen et al. 2010, pag. 208.

Bibliografia



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