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Il Farfaraccio bianco (nome scientifico Petasites albus (L.) Gaertn., 1791) è una pianta erbacea, rustica con numerosi capolini bianchi, appartenente alla famiglia delle Asteraceae.

Come leggere il tassobox
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Farfaraccio bianco
Petasites albus
Classificazione APG IV
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
(clade) Angiosperme
(clade) Mesangiosperme
(clade) Eudicotiledoni
(clade) Eudicotiledoni centrali
(clade) Asteridi
(clade) Euasteridi II
Ordine Asterales
Famiglia Asteraceae
Sottofamiglia Asteroideae
Tribù Senecioneae
Sottotribù Tussilagininae
Classificazione Cronquist
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
Superdivisione Spermatophyta
Divisione Magnoliophyta
Classe Magnoliopsida
Sottoclasse Asteridae
Ordine Asterales
Famiglia Asteraceae
Sottofamiglia Asteroideae
Tribù Senecioneae
Sottotribù Tussilagininae
Genere Petasites
Specie P. albus
Nomenclatura binomiale
Petasites albus
(L.) Gaertn., 1791

Sistematica


La famiglia di appartenenza del “Farfaraccio bianco” (Asteraceae) è la più numerosa nel mondo vegetale, organizzata in 1530 generi per un totale di circa 22.750 specie[1]. Nelle classificazioni più vecchie la famiglia delle Asteraceae viene chiamata anche Compositae.
Il genere di appartenenza (Petasites) comprende un paio di dozzine di specie, diffuse nelle zone umide delle regioni temperate dell'emisfero boreale delle quali quattro sono proprie della flora italiana.
All'interno della famiglia delle Asteraceae i “Farfaracci” fanno parte della sottofamiglia delle Tubiflore; sottofamiglia caratterizzata dall'avere capolini con fiori tubulosi al centro ed eventualmente fiori ligulati alla periferia, squame dell'involucro ben sviluppate e frutti con pappo biancastro e morbido. Al livello tassonomico inferiore fanno parte inoltre della tribù delle Senecioideae.
All'interno del genere invece le specie di questa scheda fanno parte della sezione delle EUPETASITES. sezione caratterizzata dall'avere infiorescenze con numerosi capolini spesso organizzati in un racemo allungato (a fine fioritura); con le corolle dei fiori radiali troncate (o lievemente ligulate); con foglie-brattee caulinari sempre lanceolate-acuminate indipendentemente dalla posizione che possono avere lungo il fusto (basale o apicale).


Variabilità


Qui di seguito è indicata una sottospecie di Petasites albus :


Ibridi


Nell'elenco che segue sono indicati alcuni ibridi interspecifici:


Sinonimi


La specie di questa scheda ha avuto nel tempo diverse nomenclature. L'elenco che segue indica alcuni tra i sinonimi più frequenti:


Specie simili


Le uniche quattro specie (relative al territorio italiano) del genere Petasites possono essere confuse tra di loro, specialmente a fioritura finita quando le piante presentano solamente le foglie radicali.

Inoltre la pianta di questa scheda può essere confusa con la specie di un altro genere Adenostyles alliariae (Gounan) Kerner – Cavolaccio alpino, in quanto entrambe le specie convivono negli stessi ambienti, questo però se si tratta di individui ridotti alle sole foglie. Si possono distingue comunque in quanto la lamina dell'Adenostyles è più triangolare e le nervature sono disposte in modo alterno (mentre quelle delle foglie del “farfaraccio” sono opposte e più simmetriche).


Etimologia


Sembra che sia stato Dioscoride Pedanio (Anazarbe in Cilicia, 40 circa – 90 circa), medico, botanico e farmacista greco antico che esercitò a Roma ai tempi dell'imperatore Nerone, a nominare per primo queste piante col nome di Petasites riferendosi alle grandi foglie simili al petàsos un cappello a grandi falde usato dai viaggiatori del suo tempo. Nome ripreso più volte in tempi moderni da vari botanici (Tournefort, Adanson o Gaertner) e comunque consolidato, come genere, da Linneo nel 1735 e collocato nelle “Corimbifere”[2][3].
L'epiteto specifico (albus) fa riferimento alla colorazione dei fiori.
Il binomio scientifico attualmente accettato (Petasites albus) è stato proposto da Carl von Linné (Rashult, 23 maggio 1707 –Uppsala, 10 gennaio 1778), biologo e scrittore svedese, e da Joseph Gaertner (Calw, 12 marzo 1732 – Tubinga, 14 luglio 1791), botanico tedesco, in una pubblicazione del 1791.
In lingua tedesca questa pianta si chiama Weiße Pestwurz; in francese si chiama Pétasite blanc; in inglese si chiama White Butterbur.


Morfologia


Descrizione delle parti della pianta
Descrizione delle parti della pianta
Il portamentoLocalità: Passo Duran, Agordo (BL), 1400 m s.l.m. - 16/05/2008
Il portamento
Località: Passo Duran, Agordo (BL), 1400 m s.l.m. - 16/05/2008

Sono piante perenni che possono raggiungere anche i 80 cm di altezza durante la fruttificazione (dimensioni normali 10 – 40 cm); in altre zone sono state censite piante alte fino a 120 cm[4]. Presentano un forte dimorfismo tra le foglie cauline e quelle radicali. La forma biologica della specie è geofita rizomatosa (G rhiz); ossia sono piante perenni erbacee che portano le gemme in posizione sotterranea. Durante la stagione avversa non presentano organi aerei e le gemme si trovano in organi sotterranei chiamati rizomi, un fusto sotterraneo dal quale, ogni anno, si dipartono radici e fusti aerei (riproduzione vegetativa); altrimenti queste piante si possono riprodurre anche a mezzo seme.


Radici


Le radici sono secondarie da rizoma.


Fusto



Foglie


Foglie radicaliLocalità: Pianezze, Trichiana (BL), 859 m s.l.m. - 10/05/2008
Foglie radicali
Località: Pianezze, Trichiana (BL), 859 m s.l.m. - 10/05/2008

Infiorescenza


L'infiorescenza è formata da diversi capolini peduncolati. La forma è una via dimezzo tra una infiorescenza corimbosa e una a pannocchia. Le infiorescenze sono comunque tutte terminali. La struttura dei capolini è quella tipica delle Asteraceae : un peduncolo sorregge un involucro campanulato (o sub-cilindrico) composto da diverse (da 12 a 15) squame lineari e non tutte uguali, disposte in modo embricato in un'unica serie (a volte anche in 2 - 3 serie) che fanno da protezione al ricettacolo nudo (senza pagliette), piano o leggermente convesso, ma alveolato, sul quale s'inseriscono due tipi di fiori: i fiori femminili, quelli esterni ligulati (assenti in questa specie), e i fiori ermafroditi quelli centrali tubulosi. Gli involucri hanno un colore verde-giallognolo. Le squame sulla superficie hanno da 1 a 5 nervi, mentre il bordo è scarioso (l'apice non è nero come in altre specie). Dimensione dei capolini (sia maschili che femminili) : larghezza 6 – 12 mm; lunghezza 25 mm.
Queste piante sono fondamentalmente dioiche in quanto le infiorescenze (rispetto alla composizione dei capolini) possono essere di due tipi[2][5]:


Fiore


I fioriLocalità: Pian di Coltura, Lentiai (BL), 800 m s.l.m.- 13/03/2007
I fiori
Località: Pian di Coltura, Lentiai (BL), 800 m s.l.m.- 13/03/2007

I fiori sono zigomorfi, tetra-ciclici (formati cioè da 4 verticilli: calice – corolla – androceo – gineceo) e pentameri (calice e corolla formati da 5 elementi). Il colore dei fiori è bianco con sfumature giallastre.

* K 0, C (5), A (5), G 2 (infero)[6]

Frutti


I frutti con pappoLocalità: Pianezze, Trichiana (BL), 859 m s.l.m. - 10/05/2008
I frutti con pappo
Località: Pianezze, Trichiana (BL), 859 m s.l.m. - 10/05/2008

Il frutto è un achenio sub-cilindrico con superficie solcata (5 – 10 coste) e glabra. All'apice è presente un pappo biancastro formato da diversi peli lunghi (da 60 a 100), molli e denticolati. Dimensione degli acheni 2 –3 mm,


Distribuzione e habitat



Fitosociologia


Dal punto di vista fitosociologico la specie di questa scheda appartiene alla seguente comunità vegetale[7]:

Formazione : delle comunità delle macro- e megaforbie terrestri
Classe : Mulgedio-Aconitetea
Ordine : Calamagrostietalia villosae
Alleanza : Arunco-Petasition

Usi


Avvertenza
Avvertenza
Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.

Farmacia



Cucina


In certe zone i piccioli delle foglie, se carnosi e teneri, sono cotti e utilizzati similmente ai carciofi[8].


Galleria d'immagini



Note


  1. Eduard Strasburger, Trattato di Botanica. Vol.2, Roma, Antonio Delfino Editore, 2007, pag.858, ISBN 88-7287-344-4.
  2. Giacomo Nicolini, Enciclopedia Botanica Motta. Volume terzo, Milano, Federico Motta Editore, 1960, p. 271.
  3. Botanical names, su calflora.net. URL consultato il 14 settembre 2009.
  4. eFloras Database, su efloras.org. URL consultato il 14 settembre 2009.
  5. Sandro Pignatti, Flora d'Italia. Volume terzo, Bologna, Edagricole, 1982, p. 111, ISBN 88-506-2449-2.
  6. Tavole di Botanica sistematica, su dipbot.unict.it. URL consultato il 14 settembre 2009 (archiviato dall'url originale il 9 febbraio 2018).
  7. AA.VV., Flora Alpina.Vol.2, Bologna, Zanichelli, pag.524anno=2004.
  8. Plants For A Future, su pfaf.org. URL consultato il 14 settembre 2009.

Bibliografia



Altri progetti



Collegamenti esterni


Portale Biologia
Portale Botanica

На других языках


[en] Petasites albus

Petasites albus, the white butterbur,[1] is a flowering plant species in the family Asteraceae. It is native to central Europe and the Caucasus.

[fr] Pétasite blanc

Petasites albus (L. Gaertn.) 1791, suivant The plant list
- [it] Petasites albus



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