Il gìgaro chiaro (Arum italicum Mill., 1768) è una piccola pianta erbacea dei sottoboschi appartenente alla famiglia delle Aracee[1]. Comunemente conosciuto come calla selvatica o pan di serpe, è una pianta erbacea velenosa che viene coltivata anche a scopo ornamentale in vaso e nelle aiuole del giardino.
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Classificazione APG IV | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Plantae |
(clade) | Angiosperme |
(clade) | Mesangiosperme |
(clade) | Monocotiledoni |
Ordine | Alismatales |
Famiglia | Araceae |
Sottofamiglia | Aroideae |
Tribù | Areae |
Genere | Arum |
Specie | A. italicum |
Classificazione Cronquist | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Plantae |
Superdivisione | Spermatophyta |
Divisione | Magnoliophyta |
Classe | Liliopsida |
Sottoclasse | Arecidae |
Ordine | Arales |
Famiglia | Araceae |
Genere | Arum |
Specie | A. italicum |
Nomenclatura binomiale | |
Arum italicum Mill., 1768 | |
Nomi comuni | |
Gichero | |
Il nome scientifico del genere (Arum) deriva dal greco Aron (ma anche, secondo altre etimologie, dall'ebraico “ar”); in entrambi i casi questi due termini significano “calore” e si riferisce al fatto che queste piante quando sono in piena fioritura emettono calore (caratteristica particolare del genere)[2]. L'epiteto specifico (italicum) si riferisce alle località dei primi ritrovamenti[3].
Il binomio scientifico attualmente accettato (Arum italicum) è stato proposto dal botanico scozzese Philip Miller (1691 – 1771) nella pubblicazione ”The Gardeners dictionary – Ottava edizione” del 1768[4].
Sono piante alte dai 4 ai 30 cm. La caratteristica più interessante di questa specie è la particolare forma dell'infiorescenza: uno spadice racchiuso da una grande spata affusolata. La forma biologica è geofita rizomatosa (G rhiz) o anche “geofita tuberosa”, ossia sono piante perenni erbacee che portano le gemme in posizione sotterranea. Durante la stagione avversa non presentano organi aerei e le gemme si trovano in organi sotterranei chiamati rizomi o tuberi (radici sotterranee dalle quali, ogni anno, si dipartono radici secondarie e fusto aereo).
Le radici sono secondarie fascicolate da rizoma.
Le foglie (tutte radicali e a disposizione spiralata) sono grandi ed hanno la lamina intera a forma sagittata o astata con tre lobi. Il lobo apicale è lanceolato, mentre quelli basali sono divergenti. Il picciolo è lungo e sfumato di rossiccio. Le foglie si sviluppano in autunno (da luglio, fine fioritura, a settembre la pianta rimane sotto forma di bulbo sotterraneo) e svernano in primavera. La superficie è percorsa da venature biancastre. Lunghezza del picciolo: 2 – 3 dm. Dimensioni della lamina: larghezza 7 – 22 cm; lunghezza 9 – 23 cm. I parenchimi fogliari differenziano cloroplasti non solo nella lamina, ma anche nell'intero spessore del picciolo[6]. Tuttavia, i cloroplasti differiscono per struttura e caratteristiche biochimiche a seconda del tessuto considerato. I cloroplasti dello strato più interno del picciolo si sviluppano infatti in condizioni di ombra estrema e contengono tilacoidi fortemente appressati e con antenne del Fotosistema II molto estese[7]. La variegatura della lamina fogliare invece non è associata a speciali caratteristiche dei cloroplasti, ma è dovuta alla diversa organizzazione anatomica del tessuto a palizzata[8].
L'infiorescenza si compone di tanti piccoli fiori sessili; sono appressati gli uni sugli altri. Lo spadice (così si chiama questo tipo di infiorescenza) è lungo e giallo ed è avvolto da una grande spata convoluta di colore verde pallido (eventualmente arrossata ai bordi) e lunga il doppio dell'infiorescenza e con un tubo basale lungo circa 1/3 - 1/4 della spata; questa spata svolge la funzione vessillare e di protezione all'infiorescenza. L'apice dello spadice è una clava ingrossata di colore giallo-crema progressivamente assottigliata alla base. La disposizione dei fiori sessuali è in basso per quelli femminili (formano un glomerulo basale), mentre quelli maschili sono posti più in alto; in mezzo tra i fiori femminili e quelli maschili c'è una zona di fiori sterili. Sopra i fiori maschili, alla fine c'è un glomerulo sterile. Tra queste varie sezioni sono presenti delle estroflessioni setoliformi con il compito di trattenere gli insetti pronubi per favorire l'impollinazione.
Nella fase iniziale dello sviluppo dell'infiorescenza non c'è spazio per le estroflessioni; queste si sviluppano in seguito all'allungamento dell'asse dell'infiorescenza. Alcuni studi[9] hanno cercato di capire se queste zone derivino dai fiori maschili o femminili abortiti, ma non si è arrivata a nessuna conclusione certa. Dimensione della spata: larghezza 5 – 9 cm; lunghezza 15 – 25 cm. Lunghezza del tubo: 4,5 – 5 cm. Lunghezza dello spadice: 7 – 9 cm.
In questi fiori il perianzio è di tipo sepaloide (gli elementi sono indifferenziati tra calice e corolla, ossia fiori di tipo apetalo) e unisessuali (pianta monoica: fiori maschili e femminili separati, ma sulla stessa pianta). Altri fiori sono sterili di tipo filamentoso nello stadio di antesi femminile[10]. I fiori sono 5-ciclici (2 verticilli di tepali, 2 verticilli di stami e un verticillo del gineceo).
I frutti sono delle bacche. Dopo la fecondazione la spata subisce un rapido avvizzimento e così si rendono visibili le bacche carnose di colore scarlatto. Infatti nei boschi è facile incontrare la pannocchia delle bacche isolate e senza altra vegetazione (le foglie) intorno. Il colore di queste bacche varia durante la loro maturazione: sono infatti color bianco-avorio nelle fasi iniziali di maturazione, quando ancora sono avvolte dalla spata; la successiva maturazione comprende una fase di inverdimento, a cui segue la transizione verso il giallo e poi il rosso. A livello cellulare, queste transizioni corrispondono alla conversione degli amiloplasti (stadio bianco-avorio) in cloroplasti (stadio verde) e, infine, in cromoplasti negli stadi giallo e rosso[12]. La formazione di cromoplasti secondo la sequenza amiloplasto-cloroplasto-cromoplasto è piuttosto insolita. Nelle fasi che culminano allo stadio verde, la bacca sviluppa cloroplasti attivi nella fotosintesi[13], che successivamente vengono convertiti in cromoplasti, prima demolendo i tilacoidi (stadio giallo), poi aumentando la sintesi di carotenoidi (stadio rosso). Nella bacca sono attive le due vie di sintesi di carotenoidi "all trans", che portano alla luteina e all'auroxantina, e una via di sintesi di isomeri "cis" che porta alla cis-neoxantina. Durante la fase finale della maturazione, viene inibita la ciclizzazione dei carotenoidi e ciò porta all'accumulo di precursori come il licopene, di colore rosso.
Dal punto di vista fitosociologico la specie di questa voce appartiene alla seguente comunità vegetale[17]:
Il genere di questa pianta (Arum L.) comprende 25 specie delle quali cinque appartengono alla flora spontanea italiana.
Il numero cromosomico di A. italicum è: 2n = 84[4][18] (è quindi una pianta esaploide: 6 x n=14 – valore di base per il genere).
La famiglia delle Aracee pur essendo abbastanza eterogenea (da un punto di vista morfologico) è considerata monofiletica. All'interno di questa famiglia la specie di questa voce appartiene al subclade (associato al rango tassonomico di sottofamiglia) delle Aroideae Arn. (1832) (comprendente 73 generi oltre al genere Arum)[14]. All'interno della sottofamiglia questa specie è assegnata alla tribù delle Areae R. Br. ex Duby (1828)[19].
Il corredo cromosomico di questa pianta è esaploide[20] (vedi il numero cromosomico più sopra). Viene considerata quindi una specie polimorfa. La variabilità si evidenzia nei seguenti caratteri:
Nell'elenco seguente sono indicate alcune sottospecie. L'elenco può non essere completo e alcuni nominativi sono considerati da altri autori dei sinonimi della specie principale o anche di altre specie. I nominativi contrassegnati da [FE] sono riconosciuti validi dalla Checklist dei Royal Botanic Garden Edinburgh[21]; mentre [Kew] indica le varietà riconosciute valide dalla Checklist dei Kew Gardens[22]:
Questa entità ha avuto nel tempo diverse nomenclature. L'elenco che segue indica alcuni tra i sinonimi più frequenti:
La specie Arum maculatum L. (Gigaro scuro) è molto simile al “Gigaro chiaro"; si differenzia in quanto la lamina delle foglie è maculata di rosso scuro e mediamente è una pianta più bassa. Lo spadice è violaceo. È da notare inoltre che la presenza di uno stadio di maturazione giallo differenzia ulteriormente l'italicum dal maculatum.
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Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze. |
Tutta la pianta è velenosa; solo il contatto con la pelle provoca dermatiti. Si sono verificati casi di avvelenamento mortale in bambini attratti dalle sue bacche rosse, anche se difficilmente vengono ingerite in grande quantità, poiché la loro masticazione crea immediato dolore alla bocca. Il componente velenoso è l'acido ossalico (in particolare i cristalli di ossalato di calcio) che però scompare con la cottura; infatti in tempi di carestia le popolazioni contadine mangiano i tuberi dopo averli cotti[23].
La parte ipogea (il rizoma) di questa pianta contiene amido e alcuni principi tossici (in parte eliminabili con l'essiccazione o la cottura). Altre sostanze contenute: grassi e saponine. La pianta ha in genere un sapore acre di pepe. Nella medicina popolare un preparato, polverizzando i tuberi, veniva usato come antielmintico (elimina svariati tipi di vermi o elminti parassiti) e antireumatico (attenua i dolori dovuti all'infiammazione delle articolazioni)[2].
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