Il leone delle caverne, noto anche come leone della steppa[1] (Panthera leo spelaea, Goldfuss, 1810), è una specie estinta di Panthera vissuta nel Pleistocene superiore, circa 1,3–0,011 milioni di anni fa, in Eurasia. Questo animale appartiene a un gruppo di sottospecie tipicamente adattate ai climi freddi che non ha lasciato discendenti contemporanei. È comunemente raffigurato nelle pitture rupestri delle tribù di uomini stanziatesi in Europa, segno di un evidente rapporto e scontro con questi grandi felini.
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Stato di conservazione | |
Fossile | |
Classificazione scientifica | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Animalia |
Phylum | Chordata |
Classe | Mammalia |
Ordine | Carnivora |
Famiglia | Felidae |
Genere | Panthera |
Specie | † P. leo Goldfuss, 1810 |
Sottospecie | Panthera leo spelaea |
Sinonimi | |
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Questa sottospecie è stata una dei più grandi leoni mai esistiti. Lo scheletro di un maschio adulto, ritrovato nel 1985 nei pressi di Siegsdorf (Germania), aveva un'altezza al garrese di circa 1,20 metri (3,9 ft) e una lunghezza testa-corpo di 2,10 metri (6,9 ft), senza contare la coda. La corporatura era assai simile a quella di un leone moderno. Le dimensioni di questo maschio sono state in seguito superate da altri esemplari di questa sottospecie. Pertanto, questo felino potrebbe essere stato circa l'8%-10% più grande dei leoni moderni e più piccolo delle precedenti sottospecie come il Panthera leo fossilis ed il relativamente più grande leone americano (Panthera leo atrox).[2]
L'animale è inoltre una figura molto importante e frequente nelle raffigurazioni dei primi uomini del Paleolitico che lo raffiguravano nelle loro pitture rupestri, nelle sculture d'avorio e come statuette d'argilla. Queste raffigurazioni mostrano leoni simili a quelli attuali, con un mantello di colore uniforme e un ciuffo di peli all'estremità della coda; le orecchie sono piccole e arrotondate. La criniera, quando presente, è appena abbozzata con pochi tratti nella parte inferiore del collo: ciò ha portato alla deduzione che anche i maschi di questa sottospecie ne fossero praticamente privi, caratteristica, questa, che si ritrova saltuariamente anche in alcuni leoni odierni, come nel caso dei mangiatori di uomini dello Tsavo.[2] Questi ed altri reperti archeologici indicano che questi animali avevano un importante ruolo nei rituali religiosi paleolitici.
Il leone delle caverne è talvolta considerato una specie a sé stante, con il nome di Panthera spelaea,[3] mentre un'altra classificazione, sulla base della forma del cranio, lo vede più strettamente legato alla tigre, il che cambierebbe il suo nome specifico in Panthera tigris spelaea.[4] Tuttavia, una recente ricerca genetica dimostra che tra i felini moderni, l'animale è più strettamente legato al leone[5][6], formando una singola popolazione con il leone delle caverne di Beringia,[6], che a sua volta è stato considerato come una specie distinta. Pertanto, il leone delle caverne transitava dall'Europa all'Alaska tramite il ponte di terra di Bering, fino al tardo Pleistocene. Tuttavia, non è ancora chiaro se debba essere considerato una sottospecie del leone o una specie strettamente correlate ad essa.[6]
Analisi del cranio e delle mandibole dei leoni che abitavano la Yakutia (Russia), l'Alaska (Stati Uniti) e lo Yukon (Canada) durante il Pleistocene, hanno suggerito che si trattava di una nuova sottospecie diversa dagli altri leoni preistorici, ribattezzata Panthera leo vereshchagini, conosciuto anche come leone delle caverne di Bering o siberiano.[7] Esso si differenziava dal Panthera leo spelaea per le sue dimensioni maggiori e dal leone americano (Panthera leo atrox) per la sua dimensione più piccola e le diverse proporzioni del cranio.[7][8] Tuttavia, una recente ricerca genetica, utilizzando l'antico DNA di alcuni leoni di Beringia, non ha trovato nessuna differenza nel patrimonio genetico che possa distinguere il Panthera leo vereshchagini dal Panthera leo spelaea; infatti, il DNA dei leoni provenienti dall'Europa e dall'Alaska sono indistinguibili, suggerendo una grande popolazione panmixia.[9]
Nell'ottobre 2015, è avvenuto il ritrovamento eccezionale di due cuccioli di leone delle caverne perfettamente conservati, risalenti ad almeno 10.000 anni, scoperti in Yakutia, Siberia, nel permafrost.[10][11] Le ricerche effettuate sui due esemplari, ribattezzati Uyan e Dina, ha indicato che i cuccioli avevano, probabilmente, appena una settimana di vita al momento della loro morte, in quanto i denti da latte non erano ancora comparsi. La scoperta mostra che, come nei leoni moderni, anche i cuccioli di leone delle caverne venivano allevati nelle tana finché non erano abbastanza grandi per unirsi al branco. I ricercatori pensano che i cuccioli siano rimasti intrappolati o uccisi da una frana, e che in assenza d'aria, i cuccioli si siano conservati in perfette condizioni. In futuro verrà inviata una seconda spedizione nello stesso luogo del ritrovamento dei cuccioli, nella speranza di trovare i resti di un terzo cucciolo o, eventualmente, la madre dei due cuccioli.[12]
Il leone delle caverne (Panthera leo spelaea) si è evoluto dal precedente Panthera leo fossilis, la cui prima comparsa in Europa risale a circa 700.000 anni fa. La prova genetica indica che questo lignaggio è stato isolato dai leoni moderni dopo la loro dispersione in Europa.[5] Il P. l. spelaea vissuto da 370.000 a 10.000 anni fa, durante il Pleistocene, si estinse circa 12.400 anni fa,[6] quando la glaciazione Würm si ritirò.
Il DNA mitocondriale dei dati di sequenza dei resti fossili mostrano che il leone americano (P. l. atrox) rappresenta un lignaggio fratello di P. l. spelaea, e probabilmente si evolse quando le prime popolazioni di P. l. spelaea vennero isolate in Nord America, circa 0,34 milioni di anni fa.[6]
Il seguente cladogramma mostra la relazione genetica tra P. l. spelaea e altri pantherini secondo Barnett et al., 2016:[13]
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Questi attivi carnivori predavano i grandi animali erbivori del loro tempo, tra cui cavalli, cervi, renne, bisonti e vecchi o giovani mammuth,[14] che uccideva facilmente grazie al potente morso a suoi denti aguzzi.[15] In alcune pitture rupestri vengono mostrati leoni delle caverne che cacciano in branco, il che suggerisce una strategia di caccia molto simile a quella dei leoni. Le analisi isotopiche delle osso e campioni di collagene estratti dai fossili suggeriscono che le renne e i cuccioli di orsi delle caverne erano una parte importante nella dieta dei leoni delle caverne del nord-ovest.[16][17] Sembra che in seguito alla scomparsa delle iene delle caverne, ci fu un cambio nelle preferenze alimentari dei leoni.[17] Sembra infatti che gli ultimi leoni delle caverne avessero come unica preda le renne, che cacciarono fino all'orlo dell'estinzione locale, estirpando entrambe le specie.[17]
I leoni delle caverne erano diffusi in alcune parti dell'Europa, in Asia e nel Nordamerica nord-occidentale, dalla Gran Bretagna, alla Germania, l'Italia e la Spagna[14][18][19][20], e oltre lo Stretto di Bering, nello Yukon, e dalla Siberia al Turkestan.[21] In Giappone vi era invece la Panthera youngi.[22]
Nonostante il nome italiano e il corrispondente inglese cave lion, è improbabile che questo animale vivesse nelle caverne. Il nome gli deriva piuttosto dal fatto che i suoi resti sono stati ritrovati nelle grotte.[14] Sebbene l'animale avesse un'ampia tolleranza dell'habitat, probabilmente preferiva i boschi di conifere e i pascoli,[23] in cui poteva cacciare erbivori di medie e grande taglia. Numerose impronte fossili di leone sono state ritrovate insieme a quelle di renne, dimostrano i leoni non solo cacciavano questi animali, ma vivevano anche in climi subpolari. La presenza di scheletri completi e articolati di leone di caverne, nelle profondità delle tane degli orsi delle caverne, indica questi leoni, occasionalmente si infiltravano nelle tane degli orsi delle caverne, mentre questi erano in letargo per ucciderne i cuccioli o gli esemplari adulti più deboli. Tuttavia l'assenza di scheletri smembrati orsi delle caverne e scheletri completi di leoni indica che spesso i leoni avevano la peggio, morendo nel tentativo, e gli orsi non si cibavano, completamente, del loro corpo.[24]
Nel 2015, la scoperta dei due cuccioli di leoni delle caverne perfettamente conservati nella Repubblica di Sacha, e la conseguente estrazione del loro DNA, permetterebbe agli scienziati di riportare in vita il leone delle caverne, utilizzando una leonessa come madre surrogata, tramite il processo di de-estinzione.[25]
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