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Il leone asiatico (Panthera leo leo Meyer, 1826), chiamato anche leone indiano o leone di Gir è una sottospecie di leone. In natura sopravvive solamente nella Foresta di Gir, nello Stato indiano del Gujarat[2][3]. Nel 2010 il governo di questo Stato ha dichiarato che nell'area ne sono stati censiti 411 esemplari, 52 in più rispetto al precedente censimento del 2005[4], mentre nel 2015 il numero è cresciuto a 523 esemplari[5] e nel 2017 a 650[6][7].

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Leone asiatico

Stato di conservazione
In pericolo[1]
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Phylum Chordata
Classe Mammalia
Ordine Carnivora
Sottordine Feliformia
Famiglia Felidae
Genere Panthera
Specie P. leo
Sottospecie P. leo leo
Nomenclatura trinomiale
Panthera leo leo
(Meyer, 1826)
Sinonimi

P. l. asiaticus (Brehm, 1829)
P. l. bengalensis (Bennett, 1829)
P. l. goojratensis (Smee, 1833)
P. l. indica (de Blainville, 1843), P. l. persica

Areale

Il leone asiatico è uno dei cinque grandi felini dell'India, insieme alla tigre del Bengala, al leopardo indiano, al leopardo delle nevi e al leopardo nebuloso[8]. Un tempo il suo areale si estendeva dal Mediterraneo alle regioni nord-orientali del subcontinente indiano, ma la caccia eccessiva, l'inquinamento idrico e la diminuzione delle prede naturali ne hanno ridotto notevolmente l'estensione[9]. In passato il leone asiatico veniva suddiviso in tre razze: leoni del Bengala, d'Arabia e persiani[10]. È tutt'oggi oggetto di dibattito se i leoni che vivevano in Europa (nei Balcani, in Macedonia e in Grecia) durante l'epoca ellenica fossero leoni asiatici o se appartenessero a un'altra sottospecie. Talvolta viene considerato l'animale nazionale dell'India, ma tale affermazione è sbagliata, dato che l'animale simbolo dell'India è la tigre (Panthera tigris)[11].


Distribuzione e habitat


Gli studiosi ritengono che l'areale storico dei leoni asiatici della sottospecie persica si estendesse, attraverso l'attuale Iran, fino all'India settentrionale a est, ai margini settentrionali della penisola arabica a sud e alle attuali Grecia e Italia a ovest[12]. È da ricordare che resti fossili di leone delle caverne (Panthera leo spelaea), una sottospecie, oggi estinta, strettamente imparentata con il leone asiatico, sono stati rinvenuti in numerosi siti sparsi in tutto il Nordafrica, il Medio Oriente, la Siberia, l'Alaska e gran parte dell'Europa, fino alla Scozia[13]. Come detto, gli esperti dibattono se considerare i leoni che vivevano in Europa durante il periodo antico come leoni asiatici o se appartenessero a un'altra sottospecie. Alcuni sostengono addirittura che si trattasse degli ultimi esemplari di leoni delle caverne, sebbene questa ipotesi è generalmente ritenuta improbabile dalla comunità scientifica.

L'areale moderno del leone asiatico è ristretto solamente al Santuario della Foresta di Gir, situato nell'India nord-occidentale.


Descrizione e biologia


Leone asiatico e sudafricano. Si notano il ciuffo sulla coda più grande, la criniera meno folta sulla testa, le orecchie più vistose e la pelle molle sull'addome del primo
Leone asiatico e sudafricano. Si notano il ciuffo sulla coda più grande, la criniera meno folta sulla testa, le orecchie più vistose e la pelle molle sull'addome del primo
Una leonessa asiatica nello Zoo di Ueno.

I leoni asiatici sono simili alle forme africane, ma hanno bolle timpaniche meno rigonfie, costrizione post-orbitale più breve e, di solito, foro infraorbitale diviso. Il leone asiatico maschio ha, in media, una criniera meno imponente di quella del cugino africano, però ha un pelame che nell'insieme è più sviluppato. In verità, molti leoni africani hanno la criniera ancora meno lussureggiante e sono noti anche alcuni esemplari maschi che ne sono completamente privi, come ad esempio i due esemplari imbalsamati conservati al Field Museum di Chicago, noti come i "mangiatori d'uomini dello Tsavo". Nel leone asiatico, i ciuffi di peli dei gomiti sono generalmente più sviluppati che nel leone africano. Ma anche questa particolarità ha un valore relativo, e lo stesso vale per il fiocco di peli terminali della coda, più folta e soprattutto più lunga nel leone asiatico. Quest'ultima particolarità è più costante rispetto alle due precedenti. Il colore della criniera e dei ciuffi di peli secondari va dal giallo chiaro al nero, passando per tutte le tinte di rosso, di ocra e di bruno; esso corrisponde per intero alla gamma cromatica che è propria del leone africano. Un buon numero di leoni asiatici ha una frangia longitudinale di peli sotto il ventre, ma questa frangia si ritrova ugualmente in alcuni loro omologhi del continente nero. I leoncini asiatici sono chiazzati e a volte se ne vedono di quelli ornati di macchie disposte in file più o meno trasversali, ciò che li fa somigliare alle tigri[14]. La criniera del leone asiatico, se sviluppata al massimo, arriva fino all'inguine e ricorda molto quella del leone dell'Atlante (Panthera leo leo), cugino africano più grande, oggi estinto in natura e con cui il leone asiatico è strettamente imparentato, in quanto proveniente da popolazioni di leoni nordafricani.

Le loro dimensioni corrispondono a quelle dei leoni diffusi nelle regioni centrali dell'Africa. Nei maschi adulti la lunghezza massima del cranio è di 330–340 mm, mentre nelle femmine è di 266–277 mm[14]. I maschi possono raggiungere il peso di 160–190 kg e le femmine di 110–120 kg[15]. Il più lungo maschio catturato misurava 292 cm di lunghezza[16], mentre la maggiore altezza alla spalla registrata è di 107 cm[17]. Il Capitano Smee uccise un maschio di 268 cm che, eviscerato, pesava 222,3 kg[16]. Secondo alcuni resoconti di caccia il più grande maschio selvatico conosciuto era lungo esattamente 3 m[18].

I leoni asiatici sono animali sociali che vivono in branchi. Questi sono meno numerosi di quelli dei leoni africani e in media comprendono due sole femmine, al contrario delle quattro-sei femmine che si incontrano nei branchi africani. Hanno abitudini meno socievoli e si congiungono con gli altri membri del branco solamente per accoppiarsi o attorno alla carcassa di una preda particolarmente grande. È stato ipotizzato che questo comportamento sia dovuto al fatto che a Gir si trovano prede più piccole di quelle che vivono in Africa, per la cui cattura necessita la collaborazione di pochi animali[19]. I leoni asiatici si nutrono prevalentemente di cervi (sambar e cervi pomellati), antilopi (nilgau), gazzelle (chinkara), cinghiali, bufali selvatici e bestiame domestico.


Conservazione


Un maschio adulto di leone asiatico in cattività.
Un maschio adulto di leone asiatico in cattività.

Nel Parco Nazionale della Foresta di Gir, in India occidentale, vivono circa 650[6][7] leoni in un rifugio di 1412 km² ricoperto da boscaglie e foreste decidue aperte. Si ritiene che nel 1907, quando il Nababbo di Junagadh assicurò loro completa protezione, fossero rimasti solo 13 esemplari. Questa notizia, comunque, è piuttosto controversa, dal momento che durante il primo censimento dei leoni di Gir, condotto nel 1936, vennero registrati 234 animali.

Un giovane maschio di leone asiatico.
Un giovane maschio di leone asiatico.

Fino a circa 150-200 anni fa i leoni asiatici, diffusi in molte regioni dell'India occidentale e centrale, condividevano gran parte del loro areale con le tigri del Bengala e i leopardi indiani, oltre che con i ghepardi asiatici, oggi scomparsi dall'India. Tuttavia, i ghepardi asiatici prediligevano le praterie aperte, mentre i leoni asiatici preferivano le foreste aperte miste a distese erbose, aree che offrono dimora anche a tigri e leopardi. È probabile che un tempo le tigri del Bengala e i leoni asiatici fossero in competizione sia per le prede che per il territorio.

In India questi grandi felini persero gran parte delle giungle aperte e delle praterie in cui dimoravano a causa dell'incremento della popolazione umana, che convertì quasi completamente le pianure in terreni agricoli. Inoltre, divennero bersaglio sia dei cacciatori locali che dei coloni britannici.

Ancora oggi i leoni vengono talvolta avvelenati per aver attaccato il bestiame[20]. Tra le altre minacce alla loro sopravvivenza ricordiamo inondazioni, incendi ed epidemie. Il loro areale ristretto, infatti, li rende particolarmente vulnerabili.

Nell'area del parco sono stati scavati dagli agricoltori tra i 15.000 e i 20.000 pozzi aperti, utilizzati per l'irrigazione; essi, però, costituiscono anche delle trappole che hanno già portato a morte molti leoni per annegamento. Per contrastare il problema è stata suggerita la costruzione di muretti attorno a tali pozzi, nonché l'utilizzo di pozzi coperti scavati con delle trivelle.

Gli agricoltori che vivono ai confini della Foresta di Gir utilizzano frequentemente rudimentali e illegali recinzioni elettrificate alimentate dalle linee aeree ad alta tensione. Il loro scopo principale è quello di proteggere i raccolti dalle incursioni dei nilgau, ma uccidono anche leoni e altri animali selvatici.

Al declino dell'area della Foresta di Gir ha contribuito anche la presenza dei pastori nomadi conosciuti come Maldhari. Le loro comunità sono vegetariane e non praticano il bracconaggio, ma ogni famiglia possiede in media 50 bovini (le cosiddette «vacche di Gir») che arrecano notevoli danni di sovrapascolo[20]. La distruzione dell'habitat ad opera dei bovini e degli incendi boschivi appiccati per esigenze umane riducono il numero delle prede naturali e minacciano i leoni. Questi ultimi, costretti dalla mancanza di prede naturali, attaccano le mandrie e divengono a loro volta bersaglio degli uomini. Molti Maldhari sono stati trasferiti oltre i confini del parco dalle guardie forestali per garantire ai leoni un ambiente il più naturale possibile e una maggiore disponibilità di prede.


Rischi di inincrocio


Si dice che l'attuale popolazione selvatica di più di 400 leoni asiatici derivi tutta da soli 13 esemplari, il che la renderebbe molto suscettibile ai rischi derivanti dall'accoppiamento tra consanguinei. Tuttavia, è molto probabile che questa notizia, risalente al 1910, sia stata messa in giro per scoraggiare la caccia ai leoni. La caccia a questi animali, infatti, era un'attività molto popolare tra i coloni britannici e i reali indiani, che sterminarono tutti gli altri leoni dell'India. I dati dell'epoca, invece, indicano che la popolazione di leoni asiatici rimasti si aggirava sulle 100 unità[21]. Molti studi hanno dimostrato che le popolazioni in cui sono frequenti accoppiamenti tra consanguinei possono essere più suscettibili a malattie dovute ad indebolimento del sistema immunitario e a deformazioni negli spermatozoi, che porterebbe all'infertilità. In alcuni vecchi studi genetici lo scienziato Stephen O'Brien sosteneva che «se si applicasse la tecnica dell'impronta genetica sui leoni asiatici si scoprirebbe che gli esemplari attuali sarebbero come gemelli identici... poiché discendono tutti da poco più di una dozzina di esemplari rimasti in vita agli inizi del XX secolo[22]». Ciò renderebbe questi animali particolarmente vulnerabili alle malattie e provocherebbe la deformazione del 70-80% degli spermatozoi - motivo che porterebbe all'infertilità nel caso questi leoni venissero fatti accoppiare tra loro in cattività.

Studi successivi, comunque, hanno suggerito che la bassa variabilità genetica potrebbe essere una caratteristica della popolazione originaria e non il risultato di incroci avvenuti in tempi recenti. Essi hanno mostrato anche che la variabilità negli immunotipi è simile a quella riscontrata nelle popolazioni di tigri e che non vi sono anomalie negli spermatozoi dell'attuale popolazione di leoni asiatici[23][24]. I risultati di questi studi sono stati però messi in questione a causa dell'utilizzo di tecniche RAPD, inadeguate per le ricerche di genetica delle popolazioni[25].


Inquinamento genetico in cattività tra leoni asiatici e africani


Fino ad anni recenti i leoni asiatici tenuti in cattività negli zoo indiani venivano fatti tranquillamente incrociare con leoni africani confiscati ai circhi, il che ha portato all'inquinamento genetico dei leoni asiatici in cattività. Questo fatto portò alla completa interruzione dei programmi di riproduzione in cattività di questo animale condotti sia dall'European Endangered Species Programme (EEP) europeo che dallo Species Survival Plan (SSP) americano, dal momento che si scoprì che gli animali progenitori, originariamente importati dall'India, erano ibridi derivati dall'accoppiamento tra leoni africani e asiatici. Da allora, l'India ha posto rimedio ai propri errori e adesso consente l'accoppiamento solo tra leoni asiatici puri; in tale modo ha ridato il via al programma europeo per l'accoppiamento in cattività di specie minacciate (EEP) inerente ai leoni asiatici. Tuttavia, l'SPP americano, che aveva completamente interrotto il programma di riproduzione in cattività già dall'inizio degli anni '80, ha di nuovo ricevuto dall'India leoni asiatici di razza pura allo scopo di ricostituire una nuova popolazione progenitrice per le riproduzioni in cattività negli zoo del continente americano[25][26][27][28].


Reintroduzioni in natura


L'areale attuale del leone asiatico è molto inferiore rispetto a quello del leone africano.
L'areale attuale del leone asiatico è molto inferiore rispetto a quello del leone africano.

Per oltre un decennio sono stati effettuati dei tentativi per stabilire una seconda popolazione indipendente di leoni asiatici nel Santuario per la Natura di Palpur-Kuno, nello Stato indiano del Madhya Pradesh. I ricercatori dell'Istituto indiano per la Natura hanno infatti confermato che questo Santuario sia la località più promettente per ristabilire una popolazione selvatica di questi felini e i responsabili dell'area protetta hanno dichiarato di essere già pronti ad accogliere il primo stock di leoni[29] proveniente dal Santuario per la Natura di Gir, dove sono divenuti troppo numerosi. Il Santuario di Palpur-Kuno è stato scelto come sito di reintroduzione perché questa località è situata all'interno dell'areale storico dei leoni asiatici, dalla quale scomparvero nel 1873 in seguito alla caccia sconsiderata[29][30]. Tuttavia, lo Stato del Gujarat sta opponendo resistenza alla reintroduzione, dal momento che il Santuario di Gir perderebbe il suo status di unica dimora al mondo dei leoni asiatici. Il Gujarat ha sollevato varie obiezioni alla proposta e tutta la faccenda è ora in mano alla Corte Suprema Indiana. Nel frattempo, i gestori del Santuario di Kuno stanno portando avanti l'idea di rilasciare in natura dei leoni allevati in cattività, dopo averli addestrati alle tecniche di caccia e alle altre tecniche di sopravvivenza.


I leoni asiatici in Europa ed Asia sud-occidentale


Panthera leo persica in uno schizzo di A. M. Kamarov (1826).
Panthera leo persica in uno schizzo di A. M. Kamarov (1826).

Un tempo anche in Europa si trovavano i leoni. Aristotele ed Erodoto scrissero che erano presenti nei Balcani. Quando il re persiano Serse avanzò attraverso la Macedonia nel 480 a.C. vari cammelli che trasportavano le vettovaglie furono uccisi dai leoni. Si ritiene che questi felini siano scomparsi dai territori dell'attuale Grecia attorno all'80-100 d.C. Nell'arte mitologica greca la figura del leone di Nemea è strettamente associata alle raffigurazioni di Eracle/Ercole.

Taluni studiosi ritengono la popolazione europea di leoni appartenente alla stessa sottospecie del leone asiatico (Panthera leo persica), ma altri la considerano una sottospecie separata, il leone europeo (Panthera leo europaea), o perfino un'ultima popolazione relitta del leone delle caverne (Panthera leo spelaea).

In alcuni reperti di arte scita provenienti dall'Ucraina, risalenti al IV secolo a.C., sono raffigurati molto realisticamente dei cacciatori che danno la caccia ai leoni. I leoni sopravvissero nella regione del Caucaso fino al X secolo. Tale area dette dimora alla loro popolazione più settentrionale ed era l'unico luogo dell'ex Unione Sovietica ad aver ospitato dei leoni in epoca storica. Questi felini scomparvero dall'Armenia attorno all'anno 100 e dall'Azerbaigian e dalla Russia sud-occidentale nel corso del X secolo. Il motivo prevalente della loro scomparsa da queste zone fu la caccia data loro in quanto ritenuti dannosi predatori. Nella regione questi grandi felini davano la caccia a bisonti europei, alci, uri, tarpan, cervi ed altri ungulati.

Una pagina tratta dal Kelileh o Demneh (1429), proveniente da Herat; quest'opera è la traduzione persiana del Panchatantra dell'India antica (raccolta di racconti i cui protagonisti sono gli animali selvatici locali presenti nelle giungle dell'India, tra cui il leone asiatico/indiano) derivata dalla versione araba — Kalila wa Dimna. In quest'immagine è raffigurato il manipolatore visir-sciacallo Dimna mentre cerca di convincere il suo re-leone ad entrare in guerra.
Una pagina tratta dal Kelileh o Demneh (1429), proveniente da Herat; quest'opera è la traduzione persiana del Panchatantra dell'India antica (raccolta di racconti i cui protagonisti sono gli animali selvatici locali presenti nelle giungle dell'India, tra cui il leone asiatico/indiano) derivata dalla versione arabaKalila wa Dimna. In quest'immagine è raffigurato il manipolatore visir-sciacallo Dimna mentre cerca di convincere il suo re-leone ad entrare in guerra.

I leoni rimasero ancora largamente diffusi fino alla metà del XIX secolo, quando l'avvento delle armi da fuoco li fece scomparire da vaste aree. In Iran l'ultimo avvistamento di un leone asiatico in vita risale al 1941 (in un'area tra Shiraz e Jahrom, nella Provincia di Fars). Nel 1944 venne ritrovato il corpo senza vita di una leonessa sulle rive del fiume Karun, nella Provincia di Khuzestan. Da allora non vi sono più state testimonianze attendibili sulla sopravvivenza del leone in Iran[31]. In Turchia, invece, il leone scomparve alla fine del XIX secolo[32][33].


Il leone berbero


Lo stesso argomento in dettaglio: Panthera leo leo.

Nel 1968 uno studio basato sul confronto tra i crani degli estinti leoni berberi (del Nordafrica) e del Capo con quelli di leoni asiatici e africani mostrò che quelli berberi e asiatici presentavano una stessa caratteristica - una barra orbitale molto sottile. Tale aspetto dimostra una stretta parentela tra i leoni delle regioni più settentrionali dell'Africa e quelli dell'Asia. Si ritiene che i leoni europei delle regioni meridionali del continente europeo, scomparsi attorno all'80-100 a.C., potrebbero aver rappresentato un anello di congiunzione tra i leoni nordafricani e quelli asiatici. Inoltre gli studiosi sostengono che i leoni berberi possedessero la stessa piega ventrale (nascosta sotto la criniera) presente nei leoni asiatici odierni.


Il leone asiatico nella mitologia e nell'arte


La dea indù Durgā, una delle varie forme di Parvati, ha un leone asiatico come suo vahana (cavalcatura divina).
La dea indù Durgā, una delle varie forme di Parvati, ha un leone asiatico come suo vahana (cavalcatura divina).
Questo capitello romanico del XIII secolo raffigura Sansone e il leone.
Questo capitello romanico del XIII secolo raffigura Sansone e il leone.
Un dirham (moneta persiana) di Cosroe II proveniente da Sivas (638 d.C.).
Un dirham (moneta persiana) di Cosroe II proveniente da Sivas (638 d.C.).

Note


  1. (EN) Breitenmoser, U., Mallon, D.P., Ahmad Khan, J. & Driscoll, C. 2008, Panthera leo persica, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. Big cats - By Tom Brakefield, Alan Shoemaker, Books.google.com. URL consultato il 14 dicembre 2010.
  3. Biodiversity and its conservation in India - By Sharad Singh Negi, Books.google.com. URL consultato il 14 dicembre 2010.
  4. 411 lions in Gir forests, population up by 52, su deccanherald.com. URL consultato il 14 dicembre 2010.
  5. Asiatic Lion population up from 411 to 523 in five years, su deshgujarat.com, DeshGujarat, 2015. URL consultato il 2 maggio 2017.
  6. Himanshu Kaushik, Lion population roars to 650 in Gujarat forests, The Times of India, 4 agosto 2017. URL consultato il 9 agosto 2017.
  7. Avinash Nandakumar, Gir forest Asiatic lion brimming population needs translocation to Madhya Pradesh, India Live Today, 3 agosto 2017. URL consultato il 9 agosto 2017 (archiviato dall'url originale il 9 agosto 2017).
  8. You Deserve, We Conserve: A Biotechnological Approach to Wildlife Conservation - By M. W. Pandit, Books.google.com. URL consultato il 14 dicembre 2010.
  9. Indian wildlife - By Budh Dev Sharma, Tej Kumari, Books.google.com. URL consultato il 14 dicembre 2010.
  10. The English Cyclopaedia - edited by Charles Knight, Books.google.com. URL consultato il 14 dicembre 2010.
  11. (EN) National symbols, su india.gov.in, Govt. of India Official website. URL consultato il 20 ottobre 2021.
  12. Ross Barnett1, Nobuyuki Yamaguchi, Ian Barnes e Alan Cooper, The origin, current diversity and future conservation of the modern lion (Panthera leo), in Proc. R. Soc. B, vol. 273, n. 1598, settembre 2006, pp. 2119–2125.
  13. O'Brien S.J, Martenson J.S, Packer C, Herbst L, De Vos V,; Joslin P,; Ott-Joslin J,; Wildt DE,; Bush M. 1987 Biochemical genetic variation in geographic isolates of African and Asiatic lions. Natl Geogr. Res . 3, 114–124
  14. V.G Heptner & A.A. Sludskii, Mammals of the Soviet Union, Volume II, Part 2, ISBN 90-04-08876-8.
  15. Nowell K, Jackson P, Panthera Leo (PDF), in Wild Cats: Status Survey and Conservation Action Plan, Gland, Switzerland, IUCN/SSC Cat hi ialist Group, 1996, pp. 17–21, ISBN 2-8317-0045-0.
  16. Idem
  17. Sterndale, R. A. 1884. Natural History of the Mammalia of India and Ceylon. Thacker, Spink and Co., Calcutta, 540 pp. (See No. 200. Felis leo).
  18. Wood, The Guinness Book of Animal Facts and Feats. Sterling Pub Co Inc (1983), ISBN 978-0-85112-235-9
  19. Asiatic lion, su bristolzoo.org.uk. URL consultato il 4 maggio 2017.
  20. The Gir Forest National Park, su momostravels.com, Momos Travels. URL consultato il 10 ottobre 2009.
  21. The Asiatic Lion Information Centre. Retrieved January 2007.
  22. National Geographic feature, su nationalgeographic.com. URL consultato il 14 dicembre 2010.
  23. Shivaji,S. , D. Jayaprakash and Suresh B. Patil (1998) Assessment of inbreeding depression in big cats: Testosterone levels and semen analysis. Current science. 75(9):23-30 Archiviato il 19 aprile 2012 in Internet Archive.
  24. Central Zoo Authority of India (CZA), Government of India, su cza.nic.in, CZA. URL consultato il 4 maggio 2017 (archiviato dall'url originale il 28 marzo 2009).
  25. authors? (1997) "Indians Look At Their Big Cats' Genes", Science, 278: 807 DOI: 10.1126/science.278.5339.807b
  26. Pattabhiraman Shankaranarayanan* and Lalji Singh* year? Mitochondrial DNA sequence divergence among big cats and their hybrids Archiviato il 12 luglio 2016 in Internet Archive. journal?
  27. G.S. Mudur (2004) BEASTLY TALES The Telegraph, Calcutta, India. Published December 26
    African-Asian lion problems were first spotted in the US. It's the price you pay for playing God. After toying with lion-breeding programmes for years, zoo officials in India are facing a man-made evolutionary disaster.
  28. S.J. O'Brien et al. (1987) "Evidence for African Origins of the Founders of the Asiatic Lion SSP" Zoo Biology.
    The report's authors used genetic tests to compare the wild population in the Gir park with those in captivity. They have concluded that the captive population is not pure Asiatic. As a result of the O'Brien report, the SSP was discontinued. Asiatic Lion Information Centre Accessed on September 19, 2007
  29. A.J.T. Johnsingh (2004) “Is Kuno Wildlife Sanctuary ready to play second home to Asiatic lions?", published in the Newsletter of Wildlife Institute of India (WII) 11 (4)
  30. A.J.T. Johnsingh editore=Universities Press, Field Days: A Naturalist's Journey Through South and Southeast Asia. URL consultato il 4 maggio 2017.
  31. Guggisberg, C.A.W., Simba: The Life of the Lion, Howard Timmins, Cape Town, 1961.
  32. Ustay, A.H., Hunting in Turkey, BBA, Istanbul, 1990.
  33. Asiatic Lion Information Centre. 2001 Past and present distribution of the lion in North Africa and Southwest Asia. Downloaded on 1 June 2006 from
  34. Dr. McCleod, Head of Sikh Studies, Department of South Asian Studies, McMaster University, Hamilton, Ontario, Canada
  35. Khushwant Singh, A History of the Sikhs, Volume I
  36. (EN) Singapore, su bartleby.com. URL consultato il 4 maggio 2017 (archiviato dall'url originale il 13 maggio 2009).
  37. (EN) History and origin of Singapore, su newasia-singapore.com. URL consultato il 4 maggio 2017 (archiviato dall'url originale il 12 maggio 2017).
  38. Early History, su sg, Ministry of Information, Communications and the Arts, Singapore. URL consultato il 14 aprile 2006 (archiviato dall'url originale il 27 aprile 2006).
  39. Where does the Lion come from in ancient Chinese culture? Celebrating with the Lion Dance by B. N. Goswamy, October 6, 2002, The Tribune Newspaper, Chandigarh, India, su tribuneindia.com. URL consultato il 14 dicembre 2010.
  40. Simhamukha, su himalayanart.org. URL consultato il 14 dicembre 2010.

Bibliografia



Voci correlate



Altri progetti



Collegamenti esterni


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На других языках


[es] Panthera leo persica

El león asiático (Panthera leo persica) es una subespecie de león,[2] la única que puede encontrarse actualmente fuera de África. Se trata de uno de los felinos más amenazados del mundo, pues su población en estado salvaje se reduce a unos 650 ejemplares (en 2017) localizados en el Bosque de Gir, una zona protegida de 1412 km² situada al sur del estado indio de Gujarat.[3]

[fr] Lion asiatique

Panthera leo persica
- [it] Panthera leo persica

[ru] Азиатский лев

Азиа́тский лев[1][2] (лат. Panthera leo persica) — подвид льва, обитающий в Южной Азии.



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