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Il cercoletto o kinkajou (Potos flavus Schreber, 1774) è un mammifero della famiglia dei Procionidi, parente stretto di olingo, coati, procioni e bassarischi. È l'unica specie del genere Potos E. Geoffroy Saint-Hilaire e F. G. Cuvier, 1795. Per il suo aspetto viene talvolta scambiato per un furetto o una scimmia, ma non è affatto imparentato con questi animali. Originario del Centro e Sudamerica, questo mammifero arboricolo non è un animale in pericolo di estinzione, nonostante venga avvistato solo raramente dagli abitanti del luogo a causa delle sue abitudini rigorosamente notturne. Tuttavia, molti esemplari vengono catturati per essere venduti come animali da compagnia o uccisi sia per la pelliccia (utilizzata per confezionare portafogli e selle) che per la carne. In grave pericolo è la popolazione dell'Honduras, tanto che «la CITES ne proibisce il commercio internazionale ... a eccezione di scopi strettamente commerciali ..., ad esempio per ricerche scientifiche»[2]. In cattività può vivere fino a 23 anni.

Disambiguazione – Se stai cercando un genere di piante da appartamento, vedi Epipremnum.
Come leggere il tassobox
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Cercoletto
Potos flavus
Stato di conservazione
Rischio minimo[1]
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Phylum Chordata
Classe Mammalia
Ordine Carnivora
Famiglia Procyonidae
Genere Potos
E. Geoffroy Saint-Hilaire e F. G. Cuvier, 1795
Specie P. flavus
Nomenclatura binomiale
Potos flavus
(Schreber, 1774)
Areale


Descrizione


Il cercoletto misura 81 – 113 cm di lunghezza (dei quali 39,5 - 55,5 sono costituiti dalla coda) e pesa 1,8 - 4,6 kg[3]. Si differenzia da tutti gli altri Procionidi per la sua coda prensile, lunga pressappoco quanto il resto del corpo e rivestita uniformemente di un corto pelo; essa è rotonda in sezione trasversale e si rastrema gradualmente procedendo verso l'estremità. Il cercoletto ha inoltre il capo arrotondato, con il muso smussato all'estremità anteriore, le orecchie piccole e arrotondate, gli occhi sporgenti, con pupille rotonde e l'iride castano-bruna; il tronco allungato è sorretto da arti brevi e robusti; le dita sono unite da una membrana fino a un terzo della loro lunghezza, e sono armate da aguzzi artigli ricurvi. La superficie plantare, che durante gli spostamenti viene appoggiata completamente a terra, è breve e ricoperta di corto pelo nella regione del calcagno, come nelle specie del genere Bassaricyon. Il mantello, corto, foltissimo e morbido come velluto, è di colore variabile dal bruno-olivastro al giallo-bruno, bruno-rossastro o argilla, e con riflessi bronzei sul dorso, su cui talvolta si stende una striscia scura lungo la colonna vertebrale; il ventre è invece di colore giallo-bruno, tè pallido o giallo dorato. La robusta muscolatura craniodorsale è protetta da una pelle molle e cascante, che sull'addome può formare delle pieghe. Al di sotto degli angoli della bocca, dietro la gola e attorno all'ombelico, vi sono delle aree ghiandolari glabre caratteristiche. La formula dentaria è:

3.1.3.2
3.1.3.2

Sistematica


Le 7 sottospecie del cercoletto si differenziano per talune caratteristiche della struttura cranica e dentaria, per la colorazione del mantello e per le dimensioni[4]:


Filogenesi


Gli olingo sono molto simili al cercoletto nell'aspetto e nelle abitudini. Tuttavia, gli studi genetici hanno dimostrato che il cercoletto è un diretto discendente dei più antichi Procionidi ancestrali e non è strettamente imparentato con nessuna delle altre specie viventi di Procionidi[5]. Le somiglianze tra il cercoletto e gli olingo costituiscono, semplicemente, un esempio di evoluzione parallela; i parenti attuali più stretti degli olingo sono i coati[5]. Il cercoletto si differenzia dagli olingo per la coda prensile, il muso più schiacciato, la lingua estroflessibile e la mancanza di ghiandole odorifere anali. L'unico altro carnivoro dotato di coda prensile è il binturong del Sud-est asiatico.

Il cercoletto ebbe origine nel Centroamerica e alcuni milioni di anni fa si diffuse nel Sudamerica, che in precedenza costituiva una massa continentale isolata, durante il grande scambio americano, reso possibile dalla formazione dell'istmo di Panama[5].


Distribuzione ed ecologia


Cranio di cercoletto.
Cranio di cercoletto.

Questo Procionide vive nelle foreste tropicali che si estendono dal Messico meridionale (Stati di Guerrero e Tamaulipas) fino allo Stato brasiliano del Mato Grosso: in questo vastissimo territorio si spinge fino all'altitudine di 2500 m[6]. Esso occupa di notte gli stessi ambienti in cui durante le ore diurne vivono i Cebidi, anch'essi dotati di coda prensile, e sebbene sia quasi ovunque molto comune viene osservato abbastanza di rado poiché è attivo durante la notte e ha l'abitudine di trattenersi esclusivamente tra le chiome degli alberi. Il cercoletto si nutre in prevalenza di vegetali, in particolare di fichi selvatici, avocado, mango, noci dal guscio ancora tenero e leguminose e in piccola parte di insetti: la sua lingua, lunga almeno 12 cm, sottile ed estroflettibile, è infatti particolarmente adatta a togliere la tenera polpa dai frutti, a estrarre nettare e miele e a catturare gli insetti al volo o direttamente nel nido; si ciba inoltre di uova e solo sporadicamente dei piccoli degli uccelli[7]. Durante il giorno dorme raggomitolato su un fianco proteggendosi gli occhi con le zampe anteriori, nella cavità di un albero o tra il fitto e fresco groviglio formato da liane e foglie. Quando si risveglia al crepuscolo stende prima l'uno e poi l'altro braccio, sbadigliando ed estroflettendo la lingua, e quindi inarca il dorso e si siede spingendo in avanti la coda tra le gambe. Si gratta poi rapidamente con gli arti anteriori, cominciando dalla coda e passando infine alle zampe e ai fianchi.


Biologia


Scheletro di cercoletto in mostra al Museo di Osteologia di Oklahoma City.
Scheletro di cercoletto in mostra al Museo di Osteologia di Oklahoma City.
Primo piano di cercoletto.
Primo piano di cercoletto.

Allorché corre veloce su rami sottili e liane, il cercoletto si mantiene in equilibrio con opportuni movimenti della coda; quando invece si sposta guardingo da un albero all'altro, tra il groviglio delle fronde, ovvero si arrampica o discende lungo i tronchi, ne avvolge l'estremità a una fronda o a un ramo, lasciando la presa solo se i piedi hanno trovato un appiglio più sicuro. Mentre si muove velocemente fa inoltre ruotare all'infuori e in avanti le braccia, tenendo le mani piegate verso l'interno: un simile gesto con ogni probabilità si è sviluppato con l'adattamento alla vita arboricola, e ha lo scopo di evitare una caduta[3]. Ogni albero carico di frutti esercita una forte attrazione su questi Procionidi, che vi si dirigono isolatamente, a coppie o a piccoli gruppi: spesso su tali piante finiscono pertanto per raccogliersi fino a una dozzina di cercoletti, che sibilando e strillando si gettano avidi sui frutti maturi afferrandoli con la bocca o con le mani, dopo averli fiutati con attenzione[3]. Se durante il pasto vengono spaventati, smettono di mangiare e fanno udire una sorta di grugnito, seguito da una serie di suoni che ricordano il latrato di un cane. Mentre mangia il cercoletto può assumere le posizioni più diverse: stando seduto o supino stringe il frutto tra le mani e sovente anche con un piede, oppure tenendosi aggrappato a un ramo con la coda e i piedi si lascia penzolare a testa ingiù, mentre con le mani porta alla bocca i pezzi di cibo, che divora avidamente[3]. Talvolta si raggomitola parzialmente su un fianco, e mentre mastica solleva e ruota il capo in modo davvero grottesco. Al contrario di lagotrici e ateli, il cercoletto per afferrare o sollevare il cibo non si serve della coda, che manca del resto dei cuscinetti tattili caratteristici di quelle scimmie.


Struttura sociale


I cercoletti formano piccole schiere in cui non vige una precisa gerarchia e solo di rado si puliscono reciprocamente il mantello, dimostrando pertanto uno scarso spirito sociale. Mediante il secreto delle loro ghiandole cutanee lasciano sui rami dei marchi odorosi; poiché tuttavia gli animali non hanno l'abitudine di difendere il territorio personale, questi marchi sono probabilmente un mezzo per meglio riconoscere l'ambiente comune, e quindi favorire il raggruppamento dei vari individui, forse anche per tracciare dei percorsi e per aiutare maschi e femmine a ritrovarsi. Il secreto delle ghiandole presenti sul collo e sulla mandibola della femmina esercita sul maschio un'azione stimolante al momento dell'accoppiamento.


Riproduzione


Un cercoletto in Costa Rica.
Un cercoletto in Costa Rica.

La riproduzione non è legata a una stagione ben precisa: quando la femmina è in calore lascia udire, all'avvicinarsi del compagno, un «fischio di sottomissione», mentre il maschio, prima e durante l'accoppiamento, eccita la compagna massaggiandole i fianchi con l'ausilio di un grande osso sesamoide, presente nella parte interna del carpo[3]. Dopo una gestazione di 112 - 118 giorni, la femmina (che è dotata di 2 soli capezzoli) dà alla luce nella cavità di un albero 1 o 2 piccoli; essi misurano circa 30 cm, hanno un peso di 150 - 200 g e sono ricoperti di un morbido pelo grigio-argenteo, con le punte nere, talmente corto e rado sull'addome da farlo sembrare nudo. Il meato uditivo si apre tra il primo e il quinto giorno, e gli occhi tra il settimo e il diciannovesimo, mentre la coda diviene perfettamente prensile tra il secondo e il terzo mese. Quando è spaventato, il piccolo lascia udire una sorta di sbuffo, mentre di fronte a uno stimolo molesto (sia pur debole) reagisce con un fischio piagnucoloso, che si trasforma in uno stridulo grido se lo stato di inquietudine continua: in simile eventualità la madre cerca di tranquillizzarlo emettendo un suono che ricorda il frinire delle cicale, e che utilizza anche quando vuole indurre il figlio a seguirla[3]. Dapprima, tuttavia, lo trasporta afferrandolo alla gola con la bocca. All'età di 7 settimane il piccolo comincia ad arricchire la propria alimentazione con cibi solidi e viene svezzato al quarto mese, quando può considerarsi pressoché autosufficiente; i maschi sono in grado di riprodursi a circa un anno e mezzo, le femmine a 27 mesi. Un cercoletto dello zoo di Amsterdam visse fino a 23 anni e 7 mesi; secondo i dati in nostro possesso, questa è l'età massima raggiunta da uno di tali Procionidi[8]. Gli animali si riproducono di quando in quando anche in cattività, come accadde, ad esempio, per anni allo zoo di Francoforte; in tale sede fu possibile osservare che gli adulti e i piccoli colà nati rispettavano appieno il ritmo nictemerale, evidentemente innato: durante le ore diurne dormivano infatti profondamente, sebbene la gabbia fosse esposta alla luce e si sentisse il chiasso prodotto dai visitatori, e si destavano solo al calare della sera, rimanendo attivi per tutta la notte[3].


Conservazione


Pur essendo assolutamente privo di importanza dal punto di vista commerciale, il cercoletto viene cacciato in taluni territori per le sue carni, che forniscono cibo a molte tribù indigene, e in misura minore per il suo mantello, utilizzato per la fabbricazione di portamonete e cinture. È tenuto invece in maggior considerazione come «animale domestico»: se è allevato in cattività fin da piccolo e curato opportunamente, diviene di solito assai mansueto.


Note


  1. (EN) Duckworth, J.W. & Belant, J. (Small Carnivore Red List Authority) 2008, Potos flavus, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. Appendices I, II and III: The CITES Appendices, su cites.org. URL consultato il 30 agosto 2010.
  3. J. F. Eisenberg, Redford, K. H., Mammals of the Neotropics: The central neotropics: Ecuador, Peru, Bolivia, Brazil, University of Chicago Press, 15 maggio 2000, pp. 624 (see p. 289), ISBN 978-0-226-19542-1.
  4. (EN) D.E. Wilson e D.M. Reeder, Potos flavus, in Mammal Species of the World. A Taxonomic and Geographic Reference, 3ª ed., Johns Hopkins University Press, 2005, ISBN 0-8018-8221-4.
  5. K.-P. Koepfli, M. E. Gompper, E. Eizirik, C.-C. Ho, L. Linden, J. E. Maldonado, R. K. Wayne, Phylogeny of the Procyonidae (Mammalia: Carvnivora): Molecules, morphology and the Great American Interchange, in Molecular Phylogenetics and Evolution, vol. 43, n. 3, 2007, pp. 1076–1095, DOI:10.1016/j.ympev.2006.10.003, PMID 17174109.
  6. A. R. Glatston, The red panda, olingos, coatis, raccoons, and their relatives: status survey (PDF), IUCN, ottobre 1994, pp. 103 (see p. 5), ISBN 978-2-8317-0046-5.
  7. Roland W. Kays, Food preferences of kinkajous (Potos flavus): a frugivorous carnivore, in Journal of Mammalogy, vol. 80, n. 2, American Society of Mammalogists, maggio 1999, pp. 589–599, DOI:10.2307/1383303. URL consultato il 21 ottobre 2009.
  8. Kinkajou, su Honolulu Zoo web site. URL consultato il 12 settembre 2009 (archiviato dall'url originale il 6 aprile 2012).

Altri progetti



Collegamenti esterni


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На других языках


[es] Potos flavus

El kinkajú (Potos flavus) es una especie de mamífero carnívoro de la familia de los prociónidos ampliamente distribuido por las selvas de México y Centroamérica hasta Brasil. Es pariente de los mapaches y los coatíes y no de los primates. Recibe otros nombres comunes, como martucha (en México), mico de noche (no confundir con los monos del género Aotus) , perro de monte, cuchumbí, cusumbí, mico león, cuchicuchi (en Venezuela), huasa, martilla, mono michi, cuyuso, cusumbo (en Ecuador), chozna (en Perú) o mono nocturno (en Bolivia). Es una especie arborícola, con cola prensil y con una lengua muy larga. En México se encuentra sujeto a protección especial.

[fr] Kinkajou

Potos flavus
- [it] Potos flavus

[ru] Кинкажу

Кинкажу́[1], или пото[2] (лат. Potos flavus) — хищное млекопитающее из семейства енотовых, обитающее в Центральной и Южной Америке. Вид выделяется в монотипный род Potos[3].



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