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Con il nome coati sono note tre specie di mammiferi appartenenti alla famiglia dei procionidi, classificate nei generi nasua e nasuella.

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Coati
Coati dal naso bianco
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Phylum Chordata
Classe Mammalia
Ordine Carnivora
Famiglia Procyonidae
Genere Nasua
Nasuella
Areale


Descrizione


I coati misurano 74–134 cm di lunghezza (dei quali 36-78 sono costituiti dalla coda) e pesano 3–6 kg (i maschi sono di solito più grandi e pesanti delle femmine). Sono caratterizzati da un naso mobile, allungato a guisa di proboscide oltre l'estremità anteriore della mandibola, e da una lunga coda, di solito tenuta sollevata, quasi perpendicolare all'asse longitudinale del corpo. Hanno inoltre il capo allungato e le orecchie brevi e arrotondate; il pelo è corto sulla testa e sugli arti, folto e ispido sul resto del corpo, dove è formato da setole rigide e da una corta e crespa lanugine. La colorazione è molto variabile indipendentemente dal sesso e dall'età, e va dal cannella al bruno-rossastro e al grigio-bruno. Simili differenze possono comparire anche in uno stesso animale a ogni cambiamento di pelo. All'interno di un gruppo vi possono pertanto essere esemplari di colorazione chiara o scura, a volte simile a quella delle volpi, e anche forme melaniche. La parte inferiore del corpo ha una tinta variabile dal giallognolo al bruno scuro, mentre il muso presenta una caratteristica maschera: la fronte e le tempie sono grigio-giallognole, le labbra bianche nelle forme viventi nell'America settentrionale e centrale; al disopra e dietro agli occhi, come alla base delle robuste vibrisse, spicca una macchia biancastra, mentre una striscia chiara si estende dagli occhi lungo il dorso del naso, fino all'estremità di questo; le restanti parti del muso, il mento e la gola, infine, sono giallo-biancastri, e l'interno delle orecchie giallo pallido. Gli arti hanno una tinta variabile dal bruno scuro al nerastro e la superficie plantare è nuda. Le dita sono unite l'una all'altra fino all'ultima falange e armate di artigli lunghi e robusti; quelli anteriori sono smussati e leggermente ricurvi, mentre quelli posteriori sono corti, aguzzi e fortemente ripiegati. La coda presenta un disegno ad anelli, di solito poco marcato.


Specie e distribuzione


Si distinguono 3 specie e 20 sottospecie, suddivise in due generi. Il genere Nasua comprende due specie: il coati dal naso bianco (Nasua narica), dalla colorazione perlopiù chiara, diffuso con 4 sottospecie dalle regioni sud-occidentali degli Stati Uniti fino a Panama, e il coati rosso (Nasua nasua), diffuso, con 13 sottospecie appena distinguibili, nelle regioni sudamericane fino all'altitudine di 3000 m. L'altro genere, Nasuella, comprende il solo coati di montagna o coati minore (Nasuella olivacea), suddiviso in 3 sottospecie; ha dimensioni piuttosto piccole, e il capo di forma slanciata, con una lunga «proboscide» e minuscoli denti provvisti di taglienti cuspidi; la colorazione varia dal bruno-olivastro al bruno fuliggine, con lanugine nerastra nelle forme diffuse in Colombia e Venezuela, e con lanugine bianca in quelle dell'Ecuador; la coda è grigio-giallognola, con anelli scuri. Si ignorano le abitudini e il comportamento del coati di montagna, che vive nei boschi del Venezuela occidentale e delle Ande colombiane ed ecuadoriane, a un'altitudine compresa tra i 2700 e i 3100 m.

Coati rosso in uno zoo inglese.
Coati rosso in uno zoo inglese.

Ecologia


I coati, dotati di una straordinaria capacità di adattamento, vivono indifferentemente nelle basse regioni tropicali e negli aridi altipiani boscosi, nei querceti, nelle pianure ricche di mesquite o ai margini dei deserti; preferiscono tuttavia le pianure ricoperte di boschi. Negli ultimi decenni il coati dal naso bianco ha esteso la propria area di diffusione negli Stati Uniti, venendo così a far parte della fauna dell'Arizona meridionale e della fascia sud-occidentale del Nuovo Messico e del Texas; sebbene riesca a sopportare le temperature invernali, esso però risente talvolta del clima rigido di tali latitudini. I coati si nutrono in prevalenza di invertebrati, ma anche di lucertole, piccoli roditori e persino uccelli. Quando catturano un invertebrato, lo fanno di solito rotolare con le robuste superfici plantari degli arti anteriori contro il terreno o un ostacolo (secondo una tecnica comune anche ai procioni), ottenendo in tal modo il duplice scopo di uccidere una preda che potrebbe altrimenti reagire mordendoli o pungendoli, e di privarla di setole o di parti chitinose. Se la vittima è un vertebrato, la gettano a terra, e dopo averla immobilizzata con le zampe la uccidono azzannandola al capo. Mangiano in abbondanza, anche i frutti, di cui sono molto golosi: staccano con gli artigli la polpa di quelli più grandi, mentre divorano interi, con il capo piegato all'indietro, i frutti piccoli e succosi[1].


Struttura sociale


Animali assai più diurni rispetto agli altri Procionidi e dotati di una forte socialità, i coati vivono in gruppi che comprendono da 4 a 25 individui, sia femmine sia giovani maschi, in genere legati tra loro da vincoli di parentela. I maschi verso i 2 anni, quando cioè hanno raggiunto la maturità sessuale, abbandonano i compagni per condurre vita isolata: gli animali solitari vengono indicati dagli indigeni con un nome particolare, e in passato gli stessi studiosi ritenevano che i coati viventi in gruppo e quelli solitari appartenessero a specie diverse[2]. Questi Procionidi trascorrono la maggior parte del giorno dedicandosi alla ricerca del cibo, di quando in quando sospendono tale attività per pulirsi il mantello, che pettinano con i denti e grattano con gli artigli posteriori o con le mani. Al termine di tale operazione, prima di riprendere la ricerca del cibo, si concedono sovente un breve riposo: sonnecchiano o si riscaldano al sole mentre i piccoli giocano chiassosamente, inseguendosi l'un l'altro e arrampicandosi lungo tronchi e liane con acute strida[1]. Durante le ore più calde si raccolgono nei punti ombreggiati per una siesta. Quando si dedicano alla ricerca del cibo, gli animali si spostano rumorosamente attraverso il bosco, incuranti del chiasso prodotto e tenendo la coda sollevata in una posizione del tutto caratteristica: per catturare gli insetti e portare alla luce le radici, scavano con gli artigli anteriori dei piccoli fori entro cui introducono la mobilissima «proboscide», fiutando con cura; per snidare piccoli roditori e lucertole, spezzano invece rami marci o sollevano la corteccia di tronchi in decomposizione, costringendo in tal modo gli animaletti ad abbandonare i propri rifugi e a darsi alla fuga, inseguiti da diversi coati contemporaneamente[1].

Coati dal naso bianco in cerca di cibo.
Coati dal naso bianco in cerca di cibo.

Quando sono allarmati, questi Procionidi emettono sordi e brevi suoni, simili a grugniti, e in caso di pericolo si rifugiano di solito sugli alberi; se vengono poi messi alle strette, si gettano con un balzo a terra, sovente da un'altezza di parecchi metri, e cercano di sottrarsi al nemico allontanandosi di corsa, ovvero compiendo dei balzi, che non superano tuttavia il metro di lunghezza. I coati si arrampicano sugli alberi anche al calare dell'oscurità e trascorrono la notte, raggomitolati su se stessi, su un ramo o una biforcazione del tronco. Secondo le osservazioni di J. H. Kaufmann, che ebbe modo di studiare le abitudini dei coati diffusi nell'isola di Barro Colorado (nel lago Gatún, canale di Panama), durante la quotidiana ricerca di cibo i singoli gruppi percorrono in media circa 2 km, ognuno all'interno di un proprio territorio[1]. Questo ha una superficie di circa 40 ettari, non viene difeso dagli intrusi, e sovente si sovrappone in parte a quelli limitrofi, appartenenti ad altri gruppi. Se nelle zone di confine esistono numerosi alberi carichi di frutti, su di essi si raccolgono frequentemente i componenti di più gruppi, che si sopportano in genere a vicenda e talvolta tollerano addirittura la presenza di un branco di aluatte.


Riproduzione


Quando inizia il periodo degli amori, che dura circa un mese (nell'America settentrionale e centrale dalla fine di gennaio ai primi di marzo), a ogni gruppo si unisce un maschio sessualmente maturo; esso scaccia tutti i compagni che vorrebbero aggregarsi alla «comunità», e marca ripetutamente e all'improvviso con l'urina (forse anche con il secreto delle ghiandole anali) rami e radici aeree, sfregandovi contro l'addome. Tale gesto serve anche per intimorire ogni eventuale concorrente, ma talvolta il metodo non si rivela efficace; il maschio minaccia allora l'intruso sollevando la proboscide, scoprendo i denti e ripiegando le orecchie, e passa infine all'attacco diretto, avventandoglisi contro con alte strida: ne segue in tal caso una furiosa caccia, destinata talvolta a concludersi con un duello, durante il quale i due rivali possono infliggersi reciprocamente gravi ferite con i robusti canini[1].

Quando le femmine sono giunte quasi al termine della gravidanza (che dura circa 74 giorni), si allontanano dal gruppo e preparano un comodo nido, ove danno alla luce da 2 a 7 piccoli. Questi misurano circa 26 cm, hanno un peso di 100-180 g e sono coperti di una peluria grigio scura, in cui sono già riconoscibili i disegni del muso e della coda. Le orecchie si aprono al quarto giorno, e gli occhi all'undicesimo; all'età di 3 o 4 settimane i piccoli compiono il primo tentativo di abbandonare il nido, ma sono prontamente riacchiappati dalla madre che li afferra l'uno dopo l'altro alla nuca, riportandoli all'interno. Allorché hanno raggiunto l'età di 5 settimane, la femmina ritorna con i figli nel gruppo, che nel giro di alcuni giorni viene così a decuplicare il numero dei suoi componenti. Durante la ricerca del cibo, la madre richiama attorno a sé i piccoli lanciando a brevi intervalli un caratteristico grido. Essa mantiene questa forma di contatto vocale, sia pure con sempre minore intensità, fino a che i figli non sono svezzati; ciò avviene verso il quarto-quinto mese, sebbene nel frattempo i piccoli abbiano cominciato a nutrirsi di ogni sorta di cibi solidi: lo stretto legame che unisce madre e figli rimane inalterato fino alla nascita della successiva generazione[1].


Conservazione


Secondo IUCN le popolazioni di Nasua, benché in diminuzione, non destano preoccupazioni ("least concern").[3][4] IUCN riporta che entrambe le specie sono cacciate per la carne e la pelliccia, anche se in alcuni territori (Nuovo Messico, Uruguay) hanno qualche tipo di protezione. Una minaccia importante è anche la deforestazione e la distruzione degli habitat idonei.

Il genere Nasuella, invece, è considerato da IUCN maggiormente vulnerabile, in particolare per la sua sensibilità alla deforestazione.[5] Decisamente in pericolo è la sottospecie meridensis, che IUCN considera specie a sé, principalmente a causa della degradazione e della frammentazione degli habitat;[6] la conoscenza che ne abbiamo al momento non è peraltro adeguata a fornire un giudizio preciso.


Note


  1. J. H. Kaufmann, Ecology and social behavior of the coati, Nasua narica on Barro Colorado Island, Panama, University of California Press, 1962
  2. Merriam-Webster; The Shorter Oxford English Dictionary's etymology of the term is that it's Portuguese cuatimundi from Tupi kuatimu?ne, from kua?ti+mu/ne snare, trick.
  3. (EN) Emmons, L. & Helgen, K., Nasua nasua, su The IUCN Red List of Threatened Species, 2016. URL consultato l'8 settembre 2018.
  4. (EN) Cuarón, A.D., Helgen, K., Reid, F., Pino, J. & González-Maya, J.F, Nasua narica, su The IUCN Red List of Threatened Species, 2016. URL consultato l'8 settembre 2018.
  5. (EN) González-Maya, J.F., Reid, F. & Helgen, K., Nasuella olivacea, su The IUCN Red List of Threatened Species, 2016. URL consultato l'8 settembre 2018.
  6. (EN) González-Maya, J.F. & Arias-Alzate, AAA., Nasuella meridensis, su The IUCN Red List of Threatened Species, 2016. URL consultato l'8 settembre 2018.

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