Il nome della tribù deriva dal suo genere tipo Sibthorpia L., 1753 il cui nome è stato dato in ricordo di Humphrey Sibthorp (1713-1797) professore di botanica all'Università di Oxford.[4][5] Il nome scientifico della tribù è stato definito dal botanico inglese George Bentham (22 settembre 1800 – 10 settembre 1884) nella pubblicazione "Prodromus Systematis Naturalis Regni Vegetabilis - 10: 189, 424. 8 Apr 1846" del 1846.[6][7]
Descrizione
Il portamento Sibthorpia peregrinaLe foglie Sibthorpia europaeaI fiori Ellisiophyllum pinnatum
Il portamento delle specie di questa tribù è erbaceo perenne procombente o strisciante; alcune specie sono radicanti ai nodi. L'indumento vari da pubescente a densamente villoso.[1][8][9]
Le foglie lungo il caule sono disposte in modo alterno, sono picciolate con forme suborbicolari-renifomi e con bordi da crenati a incisi. In Ellisiophyllum pinnatum le foglie sono pennate con segmenti grossolanamente ottusi-dentati.
Le infiorescenze sono racemose, frondose. I fiori sono distintamente pedicellati. Le bratteole sono presenti.
I fiori sono ermafroditi, zigomorfi e tetraciclici (ossia formati da 4 verticilli: calice– corolla – androceo – gineceo) e tetrameri (i verticilli del perianzio hanno più o meno 4 elementi ognuno).
Formula fiorale. Per la famiglia di queste piante viene indicata la seguente formula fiorale:
X o * K (4-5), [C (4) o (2+3), A 2+2 o 2], G (2), capsula.[8]
Il calice, gamosepalo, è da profondamente a metà diviso con 5 - 8 lobi debolmente ineguali.
La corolla, gamopetala, è formata da un corto tubo ruotato terminante con 5 - 9 lobi. I lobi sono interi, subuguali e con portamento patente. Il colore è bianco con centro giallo.
L'androceo è formato da 4 stami (talvolta fino a 8) inclusi/sporgenti dal tubo corollino. I filamenti sono adnati alla corolla. Le antere sono sagittate ed hanno due teche separate o contigue.
Il gineceo è bicarpellare (sincarpico - formato dall'unione di due carpelli connati). L'ovario (biloculare) è supero con forme ovoidi. Gli ovuli per loculo sono da numerosi a pochi (4 per loculo), hanno un solo tegumento e sono tenuinucellati (con la nocella, stadio primordiale dell'ovulo, ridotta a poche cellule).[10]. Lo stilo ha uno stigma capitato o bifido. Il disco nettarifero è presente nella parte inferiore della corolla (sotto l'ovario).
I frutti sono delle capsule compresse a deiscenza loculicida. I semi sono pochi con teste reticolate o lisce.
Riproduzione
Impollinazione: l'impollinazione avviene tramite insetti (impollinazione entomogama) quali imenotteri, lepidotteri o ditteri o il vento (impollinazione anemogama) oppure, nei tropici, tramite colibrì (impollinazione ornitogama).[11]
Riproduzione: la fecondazione avviene fondamentalmente tramite l'impollinazione dei fiori (vedi sopra).
Dispersione: i semi cadendo (dopo aver eventualmente percorso alcuni metri a causa del vento - dispersione anemocora) a terra sono dispersi soprattutto da insetti tipo formiche (disseminazione mirmecoria).
Distribuzione e habitat
La distribuzione di queste poche specie è abbastanza cosmopolita: dall'America tropicale, alle montagne africane e fino alla Nuova Guinea.
Tassonomia
La famiglia di appartenenza di questo gruppo (Plantaginaceae) comprende 113 generi con 1800 specie[8] (oppure secondo altri Autori 114 generi e 2400 specie[9], o anche 117 generi e 1904 specie[2] o 90 generi e 1900 specie[11]) ed è suddivisa in tre sottofamiglie e oltre una dozzina di tribù. La tribù di questa voce appartiene alla sottofamiglia Digitalidoideae.[1]
Storicamente questo gruppo ha fatto parte della famiglia Scrophulariaceae (secondo la classificazione ormai classica di Cronquist).[1] In seguito è stato descritto anche all'interno della famiglia Veronicaceae (non più in uso). Attualmente con i nuovi sistemi di classificazione filogenetica (classificazione APG) è stata assegnata alla famiglia delle Plantaginaceae e sottofamiglia Digitalidoideae (Dum.) Luerss..[11] Le specie di questo gruppo condividono un particolare sviluppo dell'endosperma non presente in altre specie della famiglia, mancano inoltre degli iridoidi tipici delle Lamiales.[3]
Kadereit J.W, The Families and Genera of Vascular Plants, Volume VII. Lamiales., Berlin, Heidelberg, 2004.
Judd S.W. et al, Botanica Sistematica - Un approccio filogenetico, Padova, Piccin Nuova Libraria, 2007, p.496, ISBN978-88-299-1824-9.
Strasburger E, Trattato di Botanica. Volume secondo, Roma, Antonio Delfino Editore, 2007, ISBN 88-7287-344-4.
D. C. Albach, H. M. Meudt and B. Oxelman, Piecing together the “new” Plantaginaceae, in American Journal of Botany, vol.92, n.2, 2005, pp.297-315 (archiviato dall'url originale il 30 novembre 2016).
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