La elleborina di Savelli (Epipactis leptochila var. savelliana (Bongiorni, De Vivo & Fori) P.Delforge) è una piccola pianta erbacea perenne dai delicati fiori, appartenente alla famiglia delle Orchidacee.[1]
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Classificazione APG IV | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Plantae |
(clade) | Angiosperme |
(clade) | Mesangiosperme |
(clade) | Monocotiledoni |
Ordine | Asparagales |
Famiglia | Orchidaceae |
Sottofamiglia | Epidendroideae |
Tribù | Neottieae |
Genere | Epipactis |
Specie | E. leptochila |
Classificazione Cronquist | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Plantae |
Superdivisione | Spermatophyta |
Divisione | Magnoliophyta |
Classe | Liliopsida |
Sottoclasse | Liliidae |
Ordine | Orchidales |
Famiglia | Orchidaceae |
Sottofamiglia | Epidendroideae |
Tribù | Neottieae |
Genere | Epipactis |
Specie | E. leptochila |
Nomenclatura trinomiale | |
Epipactis leptochila var. savelliana (Bongiorni, De Vivo & Fori) P.Delforge | |
Sinonimi | |
Epipactis savelliana | |
Il termine Epipactis si trova per la prima volta negli scritti di Dioscoride Pedanio (Anazarbe in Cilicia, 40 circa - 90 circa) che fu un medico, botanico e farmacista greco antico che esercitò a Roma ai tempi dell'imperatore Nerone. L'origine di questo termine è sicuramente greca, ma l'etimologia esatta ci rimane oscura (qualche testo lo traduce con “crescere sopra”). Sembra comunque che in origine sia stato usato per alcune specie del genere Helleborus[2]. In tempi moderni il nome del genere fu creato dal botanico e anatomista germanico Johann Gottfried Zinn (1727 – 1759), membro tra l'altro dell'Accademia delle Scienze di Berlino, in una pubblicazione specifica sul genere Epipactis nel 1757.
L'epiteto specifico (savelliana) è in onore al botanico forlivese P.R. Savelli (1939 – 1997).
È una pianta erbacea perenne alta da 20 a 30 cm. La forma biologica di questa orchidea è geofita rizomatosa (G rizh), ossia è una piante con un particolare fusto sotterraneo, detto rizoma, che ogni anno si rigenera con nuove radici e fusti avventizi. Queste piante, contrariamente ad altri generi delle orchidee, non sono “epifite”, ossia non vivono a spese di altri vegetali di maggiori proporzioni (hanno cioè un proprio rizoma).
Le radici sono secondarie da rizoma.
Le foglie (sono poche, da 3 a 4) a disposizione spiralata sono intere a forma ovato-lanceolata con apice acuto (quelle superiori sono progressivamente più piccole); sono sessili e appena amplessicauli. La lamina è percorsa da diverse nervature longitudinali (lamina quasi scanalata) con i bordi ondulati.
L'infiorescenza è un racemo terminale e lasso, con 9 – 15 fiori pedicellati brevemente. Alla base del pedicello sono presenti delle brattee erbacee a forma ovato-lanceolata; le superiori sono incavate. I fiori sono resupinati, ruotati sottosopra tramite torsione del pedicello. Il colore del pedicello è verde chiaro.
I fiori sono ermafroditi ed irregolarmente zigomorfi, pentaciclici (perigonio a 2 verticilli di tepali, 2 verticilli di stami, 1 verticillo dello stilo). I fiori sono colorati di verde-biancastro con sfumature gialle e rosa e si presentano poco aperti.
Il frutto è una capsula obovoide (o esagonale) a più coste. Anche le capsule, come i fiori, sono orizzontali o pendule. Nell'interno sono contenuti numerosi minutissimi semi piatti. Questi semi sono privi di endosperma e gli embrioni contenuti in essi sono poco differenziati in quanto formati da poche cellule. Queste piante vivono in stretta simbiosi con micorrize endotrofiche, questo significa che i semi possono svilupparsi solamente dopo essere infettati dalle spore di funghi micorrizici (infestazione di ife fungine). Questo meccanismo è necessario in quanto i semi da soli hanno poche sostanze di riserva per una germinazione in proprio.[6]
In queste piante la riproduzione può avvenire tramite l'impollinazione anche se sono poco nettarifere e il rostello dopo la fioritura non è più vischioso (i vari insetti pronubi frequentano ugualmente questi fiori sperando di trovare del nettare); in effetti le “Elleborine savelliane” vengono considerate quasi del tutto autogame.
Le Orchidaceae è una delle famiglie più vaste della divisione tassonomica delle Angiosperme; comprende 788 generi e più di 18500 specie[7]. Il genere Epipactis comprende circa 70 specie diffuse in Europa, in Asia e in America, delle quali circa una decina sono spontanee della flora italiana.
Il Sistema Cronquist assegna la famiglia delle Orchidaceae all'ordine Orchidales mentre la moderna classificazione APG la colloca nel nuovo ordine delle Asparagales. Sempre in base alla classificazione APG sono cambiati anche i livelli superiori (vedi tabella iniziale).
Il genere Epipactis, insieme al genere Cephalanthera, appartiene (secondo la suddivisione più in uso tra i botanici) alla sottofamiglia delle Epidendroideae caratterizzata dall'avere lo stame (l'unico fertile) ripiegato sopra il ginostemio e il labello composto da due pezzi distinti: ipochilo e epichilo[8][9]; e al livello inferiore alla tribù delle Neottieae, una delle varie tribù nelle quali si usa suddividere le orchidee (relativamente alle specie spontanee del territorio italiano)[2].
In genere tutte le Epipactis sono abbastanza simili nella forma del fiore. Qui ricordiamo alcune specie (tralasciando le varie sottospecie) quali:
Come tutte le orchidee è una specie protetta e quindi ne è vietata la raccolta e il commercio ai sensi della Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (CITES).[10]
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