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Australopithecus afarensis è una specie estinta di ominide del genere Australopithecus vissuta in Africa tra 4 e 3 milioni di anni fa.

Come leggere il tassobox
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Australopithecus afarensis
Replica dello scheletro di "Lucy"
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Phylum Chordata
Classe Mammalia
Ordine Primates
Sottordine Haplorrhini
Superfamiglia Hominoidea
Famiglia Hominidae
Sottofamiglia Homininae
Tribù Hominini
Sottotribù Hominina
Genere Australopithecus
Specie A. afarensis
Nomenclatura binomiale
Australopithecus afarensis

La specie fu identificata nel 1974 a seguito di una serie di ritrovamenti di fossili nella Depressione di Afar in Etiopia.


Lucy


Lo stesso argomento in dettaglio: Lucy (australopiteco).
Ricostruzione dello scheletro di Lucy. Museo di storia naturale di Cleveland
Ricostruzione dello scheletro di Lucy. Museo di storia naturale di Cleveland

Il 24 novembre 1974 ad Hadar nel triangolo di Afar i paleontologi Yves Coppens, Donald Johanson, Maurice Taïeb e Tom Gray rinvennero i resti di un esemplare femmina dell'età apparente di 18 anni di una nuova specie di Australopitecus vissuta circa 3,2 milioni di anni fa (Piacenziano), che fu denominata Australopithecus afarensis. Al fossile venne dato il nome di Lucy, in onore della canzone Lucy in the Sky with Diamonds dei Beatles, mentre in amarico è noto come Dinqinesh, che significa "Tu sei meravigliosa". Il suo nome in codice è A.L. 288 (Afar Locality n° 288).[1][2][3].

I resti comprendevano circa il 40% dello scheletro (52 ossa). Particolarmente importanti l'osso pelvico, il femore e la tibia, perché la loro forma lascia pensare che questa specie fosse già bipede.[4] Era alta circa 1,07 metri, piuttosto piccola per la sua specie, e pesava probabilmente tra i 29 e i 45 kg. Aveva denti simili a quelli umani, ma il cranio era ancora scimmiesco, con una capacità tra i 375 e i 500 cm³. Morì sulle rive di una palude, probabilmente di sfinimento, e fortunatamente nessun predatore se ne cibò disperdendone le membra, così che il corpo, sommerso dal fango, si fossilizzò nel corso dei millenni fino a diventare roccia. Dopo milioni di anni il suo scheletro è ritornato alla luce quasi intatto e ci offre oggi una preziosa testimonianza sulla costituzione fisica degli ominidi di quel periodo.

Pur essendo perfettamente adatta alla locomozione bipede, conduceva ancora una vita in parte arboricola. Si pensa che salisse sugli alberi per sfuggire ai predatori e per trascorrere la notte. Era più piccola del maschio. Si pensa che vivesse in un gruppo formato da adulti e giovani.[5] I suoi denti erano adatti a un'alimentazione onnivora, basata sulla raccolta di vegetali e la cattura di insetti e lucertole[6]. Secondo altre fonti, mentre in passato si riteneva che la dieta degli Australopitecini gracili consistesse in parte di carne, anche sulla base dei ritrovamenti di accumuli di ossa, più di recente tali accumuli sono stati attribuiti all'attività di Homo habilis[7]. I loro grandi molari indicano che mangiassero cibi abbastanza duri, probabilmente erba o semi di cereali. Lo spessore dello smalto indica anch'esso che mangiassero cibi duri.[8][9][10][11][12][13][14]


Ritrovamenti successivi - Prima Famiglia


Nel 1975 vi fu un altro ritrovamento più consistente. Si trattava di 13 individui differenti di tutte le età, risalenti ad almeno 3,2 milioni di anni e quindi "coevi" di Lucy. Le dimensioni di questi esemplari variavano considerevolmente, al punto tale da indurre alcuni scienziati a pensare che si trattasse di due o tre specie diverse. Donald Johanson, diversamente, sostenne che tutti i fossili appartenevano alla stessa specie (da cui il nome << Prima Famiglia >>) , in cui il maschio è molto più grande della femmina. Altri invece pensavano che l'esemplare più grande appartenesse ad una primitiva specie di Homo habilis.

Una scoperta interessante venne fatta nel 1978 da Paul Abell a Laetoli in Tanzania. Il ricercatore scoprì due serie di impronte, più una terza su cui vi sono delle incertezze, risalenti ad almeno 3,7 milioni di anni. Le due coppie di orme presentavano delle differenze sostanziali nelle dimensioni, fatto che secondo alcuni ricercatori, confermerebbe lo spiccato dimorfismo sessuale esistente negli Australophitecus. La falcata ci indica un'altezza compresa tra il 1,2 m e 1,4 m.

Alcuni paleontologi assegnarono le orme di Laetoli all'Australopithecus afarensis. Tra questi vi furono Suwa e White, che partendo dalle ossa dei preumani di Hadar, ricostruirono un piede in scala e trovarono che si adattava perfettamente alle orme. Per altri due paleontologi, Tobias e Clarke, queste impronte erano compatibili con un piede il cui alluce era divaricato, simile a quello dell'Australopithecus africanus. Bisogna tener presente che il luogo in cui sono state rinvenute le orme è distante 1.500 km da Hadar.

La formazione di questo "fossile indiretto" ebbe origine dalla sovrapposizione di uno strato di cenere, formatosi dall'eruzione del vulcano Sadiman, su un terreno molto secco. Su questo agirono delle piogge molto fitte che conferirono alla superficie una straordinaria plasticità, necessaria affinché ne rimanesse il calco una volta calpestata. Sotto l'azione del sole il terreno subì un processo di essiccazione e solidificazione aumentato dalla presenza di carbonati nella polvere vulcanica.

Del 1991 è il ritrovamento di fossili riconducibili all'Australopithecus afarensis avvenuto in Etiopia ad opera di Bill Kimbel e Yoel Rak. La loro età è di tre milioni di anni. Si tratta di un teschio completo al 70% appartenente ad un grosso maschio adulto. Ad oggi è il più completo di questa specie. Il volume dell'endocranio è di 550 cm3, molto grande rispetto agli altri crani ritrovati. Questa differenza così marcata fornirebbe un'ulteriore prova del loro dimorfismo sessuale.


Selam


Il cranio di Selam
Il cranio di Selam

Selam (DIK-1/1), che in amarico significa "pace", è il nome dato allo scheletro fossile di una giovane femmina di circa tre anni. Di Selam sono stati ritrovati numerosi reperti in buono stato di conservazione: il cranio quasi completo, il torso, le scapole e buona parte delle gambe.

Selam è stata scoperta il 10 dicembre 2000 dal paleoantropologo etiope Zeresenay Alemseged[15] del Max Planck Institute, presso il villaggio di Hadar sulle colline di Dikika, nella depressione dell'Afar in Etiopia, poco a sud del fiume Auasc. Questa zona del nord-est dell'Etiopia è particolarmente ricca di fossili e il sito si trova a soli quattro chilometri dal luogo dove 26 anni prima era stata ritrovata Lucy, tanto che la stampa dell'epoca aveva subito soprannominato Selam come "la figlia di Lucy".

In realtà lo studio delle ceneri vulcaniche che ricoprivano i fossili ha permesso di datare i reperti tra 3,35 e 3,31 milioni di anni: Selam risale a circa 120.000 anni prima di Lucy, il che ne fa il più antico scheletro di infante di ominide finora ritrovato. Prima di Selam lo scheletro infantile più antico apparteneva a un uomo di Neanderthal (vissuto in Europa tra 130.000 e 30.000 anni fa) e per questo la scoperta di Selam è considerata di grande importanza tra i ricercatori.

Il primo reperto ritrovato fu il cranio, mentre lo scheletro si trovava inglobato in sedimenti di gres che hanno richiesto cinque anni di lavoro per portarlo alla luce. Il suo buono stato di conservazione è legato al fatto che esso fu rapidamente ricoperto di sedimenti a causa di un'inondazione, il che ha permesso la sua conservazione per oltre tre milioni di anni. Non è ovviamente noto se Selam fosse già morta al momento dell'inondazione.

L'annuncio della scoperta, frutto della collaborazione tra il Max Planck Institute e l'Università di Addis Abeba, fu dato il 20 settembre 2006 su Scientific American[16] e la descrizione il giorno seguente su Nature.[15]

Lo scheletro di Selam permette di confermare le conoscenze già acquisite relativamente alla locomozione bipede degli australopitechi: la conformazione delle spalle e delle dita mostra che Selam si arrampicava agilmente sugli alberi per raccoglierne i frutti e si spostava prevalentemente su di essi, mentre quella del ginocchio le permetteva di camminare in posizione eretta[16], anche se non di correre. Questo tipo di locomozione "mista" era ben adattato all'ambiente dell'epoca, fatto di foreste e praterie, ma anche ricco di paludi come dimostrano i ritrovamenti di fossili di coccodrilli e ippopotami.


Conferma della posizione eretta


Nel 2011 Carol Ward (Università del Missouri), Donald Johanson e William Kimbel (Università dell'Arizona) annunciarono con un articolo sulla rivista Science[17] il ritrovamento ancora presso Hadar di un osso completo del quarto metatarso del piede appartenuto ad un Australopithecus afarensis, databile attorno ai 3,2 milioni di anni, la stessa datazione dello scheletro di Lucy. La sua conformazione ad arco, simile al corrispondente osso del piede umano, è compatibile con la deambulazione in posizione eretta, perché conferisce al piede elasticità sufficiente almeno a camminare a grandi falcate.

Il ritrovamento conferma l'ipotesi che gli Afarensis fossero parzialmente dei bipedi terrestri circa 1,2 milioni di anni prima del'Homo erectus.


Nella cultura di massa



Note


  1. Johanson, D.C. & Maitland, A.E.., Lucy: The Beginning of Humankind, St Albans, Granada, 1981, pp. 283–297, ISBN 0-586-08437-1.
  2. Johanson, D.C., Lucy (Australopithecus afarensis), in Michael Ruse & Joseph Travis (a cura di), Evolution: The First Four Billion Years, Cambridge, Massachusetts, The Belknap Press of Harvard University Press, 2009, pp. 693–697, ISBN 978-0-674-03175-3.
  3. Wood, B.A., Evolution of australopithecines, in Jones, S., Martin, R., & Pilbeam, D. (a cura di), The Cambridge Encyclopedia of Human Evolution, Cambridge, U.K., Cambridge University Press, 1994, p. 234, ISBN 0-521-32370-3. anche ISBN 0-521-46786-1 (paperback)
  4. Lovejoy, C.O., Evolution of Human walking, in Scientific American., vol. 259, n. 5, 1988, pp. 82–89.
  5. Wood, B.A.(1994) p.239
  6. Alberto Salza, Evoluzione dell'Uomo, Giunti Editore, 1986, ISBN 88-09-21336-X., pagina 26.
  7. BUNN H. T. & J. A. EZZO 1993. Hunting and scavenging by Plio-Pleistocene Hominids: Nutritional constraints, archaeological patterns, and behavioural implications. J. Archaeol. Sci. 20 (4): 365-398.
  8. VRBA E. S. 1975. Some evidence of chronology and palaeoecology of Sterkfontein, Swartkrans and Kromdraai from the fossil Bovidae. Nature 254 (5498): 301-304.
  9. VRBA E. S. 1985. Ecological and adaptive changes associated with early hominid evolution. Pp. 63-71 in: F. Delson (ed.), Ancestors: the hard evidence, Proceedings of the Symposium held at the American Museum of Natural History, April 6-10, 1984, to mark the opening of the exhibition "Ancestors: Four million years of humanity", Alan R. Liss, New York, xii+366 pp.
  10. GRINE F. E. 1981. Trophic differences between 'gracile' and 'robust' australopithecines: a scanning electron microscope analysis of occlusal events. South Afr. J. Sci. 77 (5): 203-230
  11. LUCAS P. W., R. T. CORLETT & D. A. LUKE 1985. Plio-Pleistocene Hominid diets: an approach combining masticatory and ecological analysis. J. Human Evolution 14 (2): 187-202.
  12. LUCAS P. W., R. T. CORLETT & D. A. LUKE 1986b. A new approach to postcanine tooth size applied to Plio-Pleistocene hominids. Pp. 191-201 in: J. G. Else & P. C. Lee (eds.), Primate ecology and conservation, Vol. 1, Cambridge University Press, Cambridge, xiii+393 pp.
  13. PILBEAM D. & S. J. GOULD 1974. Size and scaling in human evolution. Science 186 (4167): 892-901
  14. PICQ P. 1990. Le régime alimentaire d'Australopithecus afarensis: un essai de réconstitution. C. R. Acad. Sci. Paris (2) 311 (6): 725-730.
  15. Zeresenay Alemseged, Fred Spoor, William Kimbel, René Bobe, Denis Geraads, Denné Reed, Jonathan G. Wynn, A juvenile early hominin skeleton from Dikika, Ethiopia, in Nature vol. 443, 21 settembre 2006, 296-301. URL consultato il 20 febbraio 2011.
  16. Kate Wong, Lucy's Baby: An extraordinary new human fossil comes to light, in Scientific American, 20 settembre 2006. URL consultato il 2 gennaio 2010 (archiviato dall'url originale il 13 ottobre 2007).
  17. (EN) Carol V. Ward1, William H. Kimbel, Donald C. Johanson, Complete Fourth Metatarsal and Arches in the Foot of Australopithecus afarensis, in Science vol. 331, 11 febbraio 2011, 750-753. URL consultato il 20 febbraio 2011.

Voci correlate



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На других языках


[es] Australopithecus afarensis

Australopithecus afarensis (del latín 'mono austral de Afar') es un homínido extinto de la subtribu Hominina que vivió entre 3,9 y 3 millones de años atrás. Era de contextura delgada y grácil, y se cree que habitó solo en África del este (Etiopía, Tanzania y Kenia). La mayor parte de la comunidad científica aceptó que puede ser uno de los ancestros del género Homo.[cita requerida]

[fr] Australopithecus afarensis

Australopithecus afarensis est une espèce éteinte d'Hominidé bipède ayant vécu en Afrique entre environ 3,9 et 2,9 millions d'années BP. Les principaux fossiles d'Australopithecus afarensis ont été découverts en Afrique de l'Est, principalement en Éthiopie, au Kenya et en Tanzanie.
- [it] Australopithecus afarensis

[ru] Афарский австралопитек

Афарский австралопитек (лат. Australopithecus afarensis) — вымерший вид австралопитека, семейство гоминидов, живший около 4 миллионов лет назад. Почти нет сомнений, что до того, как афарские австралопитеки вымерли 2,5—3,5 миллиона лет назад, от них прямо или косвенно произошли другие австралопитецины и род Homo.



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