Isatis tinctoria L. (altrimenti conosciuta con il termine di guado o gualdo[1]) è una pianta biennale della famiglia delle Brassicacee (o cruciferae).[2] Il guado fa parte delle cosiddette "piante da blu", da cui si ricava un colorante di questo colore.
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Classificazione APG IV | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Plantae |
(clade) | Angiosperme |
(clade) | Mesangiosperme |
(clade) | Eudicotiledoni |
(clade) | Eudicotiledoni centrali |
(clade) | Superrosidi |
(clade) | Rosidi |
(clade) | Eurosidi |
(clade) | Eurosidi II |
Ordine | Brassicales |
Famiglia | Brassicaceae |
Genere | Isatis |
Specie | I. tinctoria |
Classificazione Cronquist | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Plantae |
Divisione | Magnoliophyta |
Classe | Magnoliopsida |
Ordine | Capparales |
Famiglia | Brassicaceae |
Genere | Isatis |
Specie | I. tinctoria |
Nomenclatura binomiale | |
Isatis tinctoria L. | |
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L'infiorescenza è costituita da una ventina di steli di color blu porpora che portano fiori con sepali ellittici e petali gialli, di cui solo alcuni giungono a maturazione. Il diametro del cespo varia da 3,5 cm a 18 cm. Le foglie di forma lanceolata vanno da 1,5 cm a 5,0 cm di lunghezza.
Nel primo anno di vita la pianta rimane in una fase vegetativa nella quale forma una rosetta di foglie; nel secondo anno si ha lo sviluppo dello stelo fiorale che porta alla successiva fruttificazione. L'intera pianta è glauca.
Di origine asiatica, fu quasi certamente introdotta nell'area europea fin dal neolitico[3]. Secondo altre fonti, potrebbe essere stata importata in Italia dai Catari[4] stabilitisi nella zona del Piemonte corrispondente all'attuale città di Chieri[1]. In effetti, proprio nel triangolo tra Tolosa, Albi e Carcassonne nel ducato di Lauraguais si era sviluppata la coltura dell'Isatis tinctoria, da cui si estraeva il "blu pastello", estremamente ricercato nella pittura e nell'industria tessile, tanto da creare una ricchezza inaspettata in quelle zone povere, che da allora sono passate a essere definite il "paese di Cuccagna" (da cocagne, il nome francese del panetto di tintura blu commercializzato)[5].
In Italia è diffusa maggiormente sulle Alpi Occidentali e Alpi Marittime (Valle d'Aosta, Piemonte, dove in lingua piemontese è chiamata guald, e Liguria), in alcune regioni del centro-nord (Toscana, Umbria e Marche) e del centro-sud (Abruzzo e Lazio). È presente anche in Sicilia e Sardegna (in lingua sarda viene chiamata guadu, in particolare la sottospecie canescens) ed è rintracciabile anche in Veneto, sia pure limitatamente alla provincia di Treviso.
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Il guado fa parte delle "piante da blu" insieme al guado cinese e alla persicaria dei tintori.
Il colorante si estrae dalle foglie raccolte durante il primo anno di vita. Dopo la macerazione e la fermentazione in acqua si ottiene una soluzione giallo verde che, agitata e ossidata, produce un precipitato (indigotina). Il colorante, molto solido, è utilizzabile nella tintura della lana, seta, cotone, lino e juta, ma anche in cosmetica e per i colori pittorici;[3] il padre di Piero della Francesca, Benedetto de' Franceschi, era un rinomato commerciante di guado dell'alta Valtiberina.[6]
Fu coltivato in Italia soprattutto nei territori del Montefeltro e dell'Appennino umbro-marchigiano, almeno dal XIII secolo fino alla seconda metà del XVIII, quando la concorrenza dell'indaco asiatico e americano ne ridusse drasticamente la produzione[3].
La solidità del colore è provata dagli arazzi medioevali giunti fino a noi: i verdi dell'Arazzo di Bayeux, ottenuti con guado sormontato sul giallo della ginestra minore[3], e i blu dell'Arazzo dell'apocalisse hanno superato i secoli.
Il guado era tra i coloranti indaco utilizzati un tempo per la tintura della tela con cui venivano confezionati i blue jeans.
Con il colorante a base di guado i Britanni si tingevano il volto del caratteristico colore blu/azzurro che rendeva il loro aspetto più terribile in battaglia.[7]
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