Le Brassicaceae Burnett o Cruciferae Jussieu (note in italiano come Crocifere[1]) sono una grande famiglia di piante erbacee appartenenti all'ordine Brassicales[2] distribuite in tutti i continenti e in tutti i climi (senza escludere le regioni polari).
Il nome della famiglia (Brassicaceae) è stato proposto dal botanico italiano Teodoro Caruel (1830-1898), traendolo dal celticobresic ("cavolo"), da cui derivano probabilmente anche il berza e verza di spagnoli e portoghesi e il varza romeno.[senzafonte]
Il massimo centro di biodiversità per questa famiglia, in termini di numero di specie, è il bacino del Mediterraneo.
Descrizione
Foglie
Le foglie sono di solito alterne, solo in qualche caso opposte, spesso in rosetta basale; la lamina è spesso incisa o pinnata e sono prive di stipole.
Le foglie hanno una tipica disposizione ad insalata.
Fiori
Il nome Crucifere (nomen conservandum accettato dal Codice internazionale di nomenclatura botanica) deriva dall'aspetto del fiore, che è tipicamente composto da 4 petali e ricorda perciò una croce. I petali sono separati formando una corolla dialipetala. Sono presenti anche 4 sepali. Una particolarità del fiore delle Brassicaceae è la presenza di 6 stami, di cui 4 a croce come i petali e 2 esterni più corti. Un tale androceo si definisce tetradinamo.
L'ovario è supero e bicarpellare.
L'impollinazione è entomogama.
Frutti
Il frutto, un carattere fondamentale per la determinazione a livello di specie, è secco e deiscente. Si può considerare un particolare tipo di capsula bicarpellare: viene detto siliqua (quando la lunghezza è evidentemente maggiore della larghezza: Brassica spp., Sinapis spp., ecc.) o siliquetta (quando è circa isodiametrica: Lunaria spp., Lobularia spp., Biscutella spp., ecc.).
Il frutto si apre per 2 valve che lasciano scoperto un setto centrale (detto replum) a cui sono attaccati i semi in numero variabile. Talvolta la deiscenza avviene con un meccanismo a scatto che serve a scagliare i semi a distanza (Cardamine spp.).
Silique aperte mostranti il replum e i semi
Siliquette di Lunaria annua
Silique di Raphanus raphanistrum subsp. sativus
Silique "a scatto" di Cardamine impatiens L.
Sistematica
La famiglia delle Brassicaceae appartiene, secondo l'Angiosperm Phylogeny Group, all'ordine Brassicales.[2] Classificazioni precedenti (es. sistema Cronquist) la assegnavano all'ordine Capparales, ora non più ritenuto valido.
Sono strettamente affini alle Capparaceae (la famiglia a cui appartiene il cappero) per le quali recentemente è stata proposta l'inclusione nelle Brassicaceae.
Le Brassicaceae comprendono oltre 300 generi e quasi 4 000 specie, alcune delle quali hanno grande importanza economica.
Generi
Nella famiglia Brassicaceae sono riconosciuti i seguenti generi:[3]
Molti generi sono utilizzati come alimenti per l'uomo. I generi più importanti per l'alimentazione umana sono:
Brassica (con molte cultivar riferibili a cavolo, rapa, cavolfiore, colza, alcune specie di senape, ecc.)
Sinapis (altre specie di senape)
Raphanus (ravanello)
Eruca (rucola)
Armoracia (rafano)
Eutrema (wasabi)
Per la più nota salsa di senape, la "Moutarde de Dijon IGP" si utilizzano sia semi del genere Brassica (Brassica juncea) sia semi del genere Sinapis (Sinapis alba o Brassica alba).
Alcune specie sono utilizzate come piante ornamentali: ad esempio Matthiola spp. e Cheiranthus spp. (violacciocche), Alyssum spp., Lunaria annua (monete del papa: si usano le silique per composizioni di fiori secchi), Iberis (con fiori zigomorfi per petali disuguali, comprende anche specie suffruticose).
Isatis tinctoria era usata nel passato per estrarre un colorante (indaco).
Arabidopsis thaliana è invece un importante organismo modello utilizzato negli studi di genetica.
Note
Giovanni E. Mattei, Crocifere, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1931. URL consultato il 29 aprile 2014.
C. Donovan Bailey, Marcus A. Koch, Michael Mayer, Klaus Mummenhoff, Steve L. O'Kane Jr, Suzanne I. Warwick, Michael D. Windham, and Ihsan A. Al-Shehbaz, Toward a Global Phylogeny of the Brassicaceae, in Mol Biol Evol 2006; 23(11): 2142-2160.
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