Il biacco (Hierophis viridiflavus (Lacépède, 1789)), precedentemente classificato come Coluber viridiflavus, è un serpente non velenoso della famiglia dei Colubridi[2], frequente nelle campagne e nei giardini, sia in terreni rocciosi, secchi e soleggiati, sia in luoghi più umidi come le praterie e le rive dei fiumi. È detto anche milordo o colubro verde e giallo.
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Stato di conservazione | |
![]() Rischio minimo[1] | |
Classificazione scientifica | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Animalia |
Phylum | Chordata |
Subphylum | Vertebrata |
Classe | Reptilia |
Ordine | Squamata |
Sottordine | Serpentes |
Superfamiglia | Colubroidea |
Famiglia | Colubridae |
Sottofamiglia | Colubrinae |
Genere | Hierophis |
Specie | H. viridiflavus |
Nomenclatura binomiale | |
Hierophis viridiflavus Lacépède, 1789 | |
Sinonimi | |
Coluber gyarosensis | |
Sottospecie (classificazione obsoleta) | |
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Areale | |
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Il nome specifico viridiflavus allude alla particolare colorazione verde e gialla del serpente. Biacco invece viene da biacca, carbonato di piombo basico, chiamato cērussa in antichità e conosciuto attraverso botteghe veneziane e olandesi; questo a sua volta dal longobardo *blaih, "pallido"[3].
La sua colorazione è dominata nelle parti superiori dal nero, il ventre è di colore chiaro. Il capo e il dorso hanno screziature di color giallo formanti un reticolo irregolare che, a partire dal basso ventre e fino all'estremità caudale assume l'aspetto di un fascio di linee longitudinali giallo-verdastre (circa venti), ma nel Meridione e nelle isole le popolazioni sono prevalentemente melaniche.
In media gli adulti raggiungono i 120–130 cm di lunghezza ed eccezionalmente possono arrivare a 2 m[4].
Occhio in contatto con almeno 2 sopralabiali; 187-212 vertebre nei maschi e 197-217 nelle femmine. 97-124 paia di sottocaudali nel maschio e 91-119 paia nella femmina. 19 squame dorsali.
Negli adulti la colorazione di fondo delle parti superiori è verde-giallastra.
I piccoli invece presentano, fino all'età di un anno, una colorazione caratteristica: la testa presenta già il reticolo giallo e nero mentre il resto del corpo ha una tonalità grigio-celeste uniforme. Diversamente dalla biscia d'acqua, le squame del dorso sono completamente lisce.
È un serpente molto agile e veloce (fino a 11 km all'ora)[senza fonte], ottimo arrampicatore e buon nuotatore.
È una specie diurna. Si difende prevalentemente con una velocissima fuga, spesso verso un rifugio sicuro; quando viene bloccato dispensa rapidi morsi non particolarmente potenti. Se disturbato dall'uomo, preferisce la fuga. Se afferrato, non esita ad affrontare l'aggressore e a difendersi vigorosamente con ripetuti morsi. In caso di fuga impossibile cerca un varco lanciandosi contro l'aggressore.
Si nutre di altri rettili (in particolare piccoli sauri ed altri serpenti, dalle bisce d'acqua alle vipere), di uova di piccoli uccelli,di piccoli mammiferi (in particolare topi e ratti) e anfibi anuri e urodeli; occasionalmente nuota agilmente in immersione, alla ricerca di piccoli pesci.
È specie ovipara. La femmina depone da 5 a 15 uova ai primi di luglio che si schiuderanno tra agosto e settembre, dopo una incubazione di 6-8 settimane. Il maschio durante l'accoppiamento morde la femmina sulla nuca nell'intento di immobilizzarla.
Lo si incontra nel nord-est della Spagna, in Italia specialmente al nord, in Francia (compresa la Corsica), nel sud della Svizzera, in Italia (comprese la Sardegna e l'isola d'Elba, è una specie tipica dell'Isola D'Ischia), in Slovenia, in Croazia ed a Malta[2]. Esiste una popolazione introdotta in tempi remoti sull'isola di Gyaros in Grecia.
Attualmente note due sottospecie[2][5]:
In base ad uno studio del 2015[6], la seconda sottospecie era stata elevata al rango di specie separata (Hierophis carbonarius) su basi sia morfologiche che genetiche. Di conseguenza, entrambe le specie (Hierophis carbonarius e Hierophis viridiflavus) risultavano monotipiche. Sebbene la classificazione di questo rettile sia controversa, oggi tendiamo a prendere in considerazione le due varianti di biacco come due sottospecie appartenenti alla medesima specie.
In Italia la specie non sembra essere minacciata, in quanto molto adattabile, ed è comune in tutte le regioni. Risulta essere tra i serpenti più investiti dagli autoveicoli[7]
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Lo H. viridiflavus carbonarius è universalmente noto col nome di biscia o serpi niura. Il genere è definito in alcune parti della Sicilia scursuni e in Calabria è analogamente chiamato scurzuni. In Salento è invece chiamato scurzune. In Campania, nelle zone collinari dell'alto casertano, è conosciuto con il nome di agnone. In provincia di Trapani è noto col nome di vìsina. Nel resto d'Italia esistono altre denominazioni. Nelle zone pedecollinari dell'appennino emiliano è conosciuto come scarbònas; in Friuli è noto come blačhe, nella pedemontana pordenonese come carbonat, nelle Prealpi venete e in Trentino come carbonaz o carbonazo; in Veneto come carbonasso o scarbonasso (quest'ultimo più diffuso nel Vicentino); in Romagna e in parte dell’Italia centrale (Toscana e Lazio) come frustone, anche in ordine alla credenza popolare secondo cui può usare il corpo per appioppare dolorose sferzate. In provincia di Modena e Reggio Emilia viene comunemente chiamato “Magnano”. In Umbria è noto col nome generico di serpe. In Provincia di Pavia è denominato milò o meno comunemente smeraldo. Nella Città metropolitana di Milano è denominato milord. Nella zona del Piemonte, in particolare nella Valsesia, nella bassa Ossola, nel Vercellese e nel Biellese, questo serpente è conosciuto come mirauda[8]. Nel novarese e nel varesotto invece viene denominato bilorda o bilurdun. In alcune zone anche con il termine meno corretto milorda. Nella zona di Luino e nelle sue valli è chiamato smilorda o milordone e in alcuni luoghi del bresciano susèr, col significato di "cacciatori di topi" o bes bastunèr che significa "serpente che bastona" data la sua peculiare caratteristica di serpente costrittore, mentre nel bergamasco, sempre per la medesima ragione, viene chiamato verèm bastunèr. Nel lodigiano data la sua natura, che lo porta a vivere in ambienti umidi ricchi di anfibi come le rane, di cui si nutre abbondantemente, viene popolarmente chiamato bìsa-ranè. Nel mantovano e nel ferrarese è invece chiamato anza o "anzon" e la credenza popolare lo vuole capace di dare forti colpi di coda per difendersi dall'uomo che tenta di catturarlo. Nell'entroterra savonese, valle Bormida, viene chiamata ux'lera, "che si nutre di uccelli", in forza alla sua capacitá di arrampicarsi sugli alberi e raggiungere i nidi. In Versilia e nelle zone limitrofe viene comunemente chiamato botareccio. In Sardegna zona Sassari " curora pizzunaggia " proprio per il motivo di ottima arrampicatrice e mangiatrice di uccelli da nido
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