I gamberetti si possono trovare in un'ampia gamma di habitat, ma la maggior parte delle specie è tipica delle acque marine. Solo un quarto delle specie scoperte vive in acqua dolce, e di quel quarto quasi tutte appartengono alla famiglia Atyidae e alla sottofamiglia Palaemoninae della famiglia Palaemonidae[2]. Tra esse ci sono anche specie di importanza commerciale, come Macrobrachium rosenbergii, diffuso in tutti i continenti eccetto l'Antartide[2].
Le specie marine sono diffuse in tutti gli oceani, dalle zone tropicali a quelle artiche, fino a 5 000m di profondità[3].
Descrizione
Oltre alla varia gamma di habitat, i gamberetti variano molto anche come aspetto; spesso però hanno un carapace che protegge il cefalotorace e circonda le branchie[3]. Anche le dimensioni sono variabili[4].
Biologia
Laomenes cornutus, tipico gamberetto pulitore, sulla braccia di un crinoide.
Alimentazione
La maggior parte dei gamberetti è onnivora, ma alcune specie sono specializzate per una particolare dieta: alcune si nutrono filtrando l'acqua, altre raschiano via le alghe dagli scogli. Molti dei "gamberetti pulitori", che si nutrono dei parassiti esterni di altri animali, appartengono all'infraordine Caridea[3]. Alcune specie del genere Alpheus utilizzano il suono prodotto dalle loro chele per stordire le prede.
Parassiti
Presentano crostacei parassiti come gli isopodi appartenenti alla famiglia Bopyridae[3].
Tassonomia
In questo infraordine sono riconosciute 14 superfamiglie[1]:
famiglia PsalidopodidaeWood-Mason [in Wood-Mason & Alcock, 1892
StylodactyloideaSpence Bate, 1888
famiglia StylodactylidaeSpence Bate, 1888
Fossili
I fossili di Caridea sono rari: sono note solo 57 specie esclusivamente fossili.[5] I più antichi non possono essere assegnati a nessuna famiglia, ma sono datati al basso Giurassico e al Cretaceo.[6] Un certo numero di generi estinti non può essere classificato in nessuna superfamiglia:[5]
Le specie di maggior importanza commerciale sono probabilmente Pandalus borealis[7] e Crangon crangon[8]. Oggi la quantità di P. borealis catturati è circa dieci volte quella di C. crangon; nel 1950 la situazione era opposta[9].
(EN) Fenner A. Chace, Jr e Donald P. Abbott, Caridea: the shrimps, in Intertidal Invertebrates of California, Stanford University Press, 1980, p.567, ISBN978-0-8047-1045-9.
(EN) Gary C. B. Poore e Shane T. Ahyong, Caridea – shrimps, in Marine Decapod Crustacea of Southern Australia: a Guide to Identification, CSIRO Publishing, 2004, 53–57, ISBN978-0-643-06906-0.
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