Il grano duro (Triticum durum Desf.) è una pianta erbacea della famiglia delle Poaceae.[1]
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Classificazione scientifica | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Plantae |
Divisione | Magnoliophyta |
Classe | Liliopsida |
Ordine | Poales |
Famiglia | Poaceae |
Tribù | Triticeae |
Genere | Triticum |
Specie | T. durum |
Nomenclatura binomiale | |
Triticum durum Desf. | |
Sinonimi | |
Triticum turgidum subsp. durum | |
È un frumento tetraploide, largamente coltivato per la trasformazione in semola. Tetraploide indica il fatto che esso origina da un'ibridazione interspecifica tra due specie selvatiche diffuse nella Mezzaluna Fertile (cioè nell'odierno Iraq): Triticum urartu (numero cromosomico: 2n=14, genomi AA) ed una specie ancora non accertata del genere Aegilops sezione Sytopsis (probabilmente Aegilops speltoides) con corredo cromosomico 2n=14, genomi BB.[2] L'ibrido spontaneo ha dato origine alla specie Triticum dicoccoides (2n=28, genomi AABB), il progenitore selvatico del grano duro da cui l'uomo neolitico ha domesticato il grano duro più o meno come lo conosciamo oggi.[senza fonte]
I caratteri che maggiormente distinguono il coltivato dal selvatico sono il rachide rigido che non disarticola a maturazione e i semi che sono liberi dalle glume, ovvero dagli involucri fiorali che li avvolgono. Il risultato è che il grano duro, per mezzo della trebbiatura, rilascia seme libero da paglie.
Una caratteristica che distingue il grano duro dal grano tenero (Triticum aestivum, esaploide, 2n=42, genomi AABBDD) è che a maturazione le cariossidi si presentano vetrose e non farinose. Questo è dovuto alla particolare composizione proteica del grano duro, che quindi dà prevalentemente semole e non farina.
Nell’aprile del 2019, sulla rivista scientifica Nature Genetics, è stato pubblicato il genoma completo della varietà di frumento duro ‘Svevo’[3]. Il sequenziamento è stato opera di un gruppo internazionale di ricercatori, e come primo autore si trova Marco Maccaferri, dell’Università di Bologna. Il genoma di Svevo è composto da 14 cromosomi, e complessivamente da 66.000 geni.[4]
Sono note le seguenti varietà:[senza fonte]
Le cariossidi di grano duro possono presentare diverse tipologie di alterazioni più o meno gravi per le diverse utilizzazioni:
Volpatura: presenze di aree nere superficiali dovute all'attacco di un fungo;
Bianconatura: presenza di aree gialle visibili esternamente e farinose internamente;
Cariossidi striminzite: molto sottili, costituite quasi esclusivamente di crusca e mancanti quasi completamente di endosperma.
Cariossidi Fusariate: attaccate da Fusarium, un fungo che può anche determinare produzione di una tossina (deossinivalenolo)
Cariossidi pregerminate: in cui il germe ha iniziato a svilupparsi
Cariossidi verdi: che non hanno completato la fase di maturazione ed appaiono verdi seppure secche come quelle sane.
Le proprietà delle proteine del grano duro fanno sì che le masse che si ottengono impastando le semole con acqua sono particolarmente indicate per la produzione di paste. Anche nel Mezzogiorno d'Italia da secoli le semole di Triticum durum, rimacinate per ridurne la granulazione, sono utilizzate per la produzione di pani tipici, tra i quali il Pane di Altamura, primo prodotto nell'Unione Europea appartenente alla categoria merceologica "Panetteria e prodotti da forno" a fregiarsi del marchio DOP, il Pane di Matera, prodotto di lunga tradizione ottenuto con un antico sistema di lavorazione, avente il marchio IGP, ed il Pane di Laterza, la cui ricetta è tutelata dal Marchio Collettivo di Qualità. I pani di grano duro hanno particolare consistenza, colore giallognolo per una più elevata presenza di carotenoidi, e resistono meglio all'invecchiamento, restando appetibili per un tempo maggiore dei pani fatti da farina di grano tenero.
Oltre alla diffusissima pasta, molti alimenti mediterranei sono basati sul grano duro, tra i quali i più noti sono il cuscus ed il bulgur, tipici l'uno della cultura del Nordafrica l'altro del Medio Oriente ed oggi diffusi anche al di là delle zone di origine rispettive. Il cuscus trapanese, chiamato cùscusu, affonda le sue radici nella dominazione araba della Sicilia nei secoli IX-XII. Quello carlofortino deriva invece dalle influenze con la vicina isola di Tabarka.
La varietà Creso, ottenuta nel Centro di studi nucleari del CNEN della Casaccia (Roma) nel 1974, è stata una di quelle maggiormente utilizzate negli ultimi trenta anni nelle coltivazioni italiane. Il grano duro Creso è un incrocio tra la varietà messicana Cymmit e l'italiana Cp B144, mutante della Cappelli ottenuta sottoponendo quest'ultima a bombardamento con raggi X o gamma.
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