Fu descritta per la prima volta nel 1801 dal botanico francese Jaquin, che la attribuì al genere Zamia. Solo successivamente, nel 1834, il botanico tedesco Lehmann la riclassificò come specie del genere Encephalartos.
Il nome del genere deriva dal grecoen = dentro, kephalé = testa e ártos = pane, in riferimento al fusto internamente molto ricco di amido. Il termine specifico in latino significa irto e allude alla presenza di spine nei segmenti fogliari.
Descrizione
È una pianta arborescente, con tronco molto breve, lungo in media 50cm, di circa 30cm di diametro, non ramificato e ricoperto dai resti dei piccioli delle foglie cadute.
Le foglie, disposte in rosetta apicale, sono pennate, ricurve verso il basso, lunghe 60–100cm, di colore blu o argento, composte da foglioline lanceolate lunghe circa 10cm, verde-azzurre, con apice spinoso, che si inseriscono con un angolo di 90° sul robusto rachide centrale.
Come tutte le cicadi, sono piante dioiche. Le infiorescenze sono a forma di coni, lunghe circa 30cm, grossolanamente cilindriche quelle maschili, ovoidali quelle femminili, di colore dal rosso al marrone.
I semi, di forma ovoide-cilindrica, sono ricoperti da un sottile tegumento rossastro.
La IUCN Red List classifica E. horridus come specie in pericolo di estinzione (Endangered)[1].
La specie è inserita nella Appendice I della Convention on International Trade of Endangered Species (CITES)[3]
Note
(EN) Donaldson, J.S. 2010, Encephalartos horridus, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
CITES - Appendices I, II and III (PDF), su Convention On International Trade In Endangered Species Of Wild Fauna And Flora, International Environment House, 2011 (archiviato dall'url originale il 4 agosto 2012).
Bibliografia
Whitelock, Loran M., The Cycads, Timber press, 2002, ISBN0-88192-522-5.
Haynes J.L, World List of Cycads: A Historical Review (PDF), su cycadsg.org, IUCN/SSC Cycad Specialist Group, 2011 (archiviato dall'url originale il 23 settembre 2015).
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