Phorusrhacos (il cui nome significa "portatore di rughe") è un genere estinto di grande uccello terricolo della famiglia dei phorusrhacidi, vissuto nel Miocene, circa 20-13 milioni di anni fa (Burdigaliano-Serravalliano), in quella che oggi è la Patagonia. Soprannominato "uccello del terrore", fu uno dei più grandi uccelli carnivori mai esistiti. I più stretti parenti attualmente viventi di questi animali sono i seriema (famiglia Cariamidae), uccelli sudamericani dalle dimensioni nettamente inferiori rispetto a quelle dei loro parenti fossili. I paleontologi pensano che questi uccelli abitassero e cacciassero nei boschi e nelle praterie.
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Stato di conservazione | |
Fossile | |
Classificazione scientifica | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Animalia |
Phylum | Chordata |
Classe | Aves |
Ordine | Cariamiformes |
Famiglia | † Phorusrhacidae |
Sottofamiglia | † Phorusrhacinae |
Genere | † Phorusrhacos Ameghino, 1887 |
Nomenclatura binomiale | |
† Phorusrhacos longissimus Ameghino, 1887 | |
Un esemplare adulto di Phorusrhacos era uno dei più grandi uccelli carnivori mai esistiti, raggiungendo un'altezza compresa tra i 1,40 e 2,50 metri (8,2 piedi), per un peso di ben 150 kg.[1] L'animale era dotato di lunghe e potenti gambe dotate di tre dita fornite di artigli ricurvi, in grado di infliggere gravi ferite. Il collo era lungo e sorreggeva una testa enorme dotata di un becco grande e robusto terminante in un uncino con cui poteva dilaniare la preda. Non ci sono prove sul piumaggio dell'animale, ma dal raffronto con specie simili e con i suoi parenti in vita, l'animale doveva avere un piumaggio stretto simile a quello dei seriema.[1] In passato si pensava che il Phorusrhacos, così come la maggior parte dei phorusrhacidi, avessero ali terminanti in artigli, simili a ganci da macellaio, che potevano essere utilizzati come vere e proprie braccia per afferrare e abbattere le prede. Ma tutte le scoperte successive smentirono questa ipotesi. Tuttavia le ali erano fin troppo piccole e corte per avere un scopo determinante nella caccia.[1]
Il becco era l'arma più formidabile per questi animali. Il cranio da solo era lungo ben 60 centimetri, e terminava sulla punta del becco ad uncino. La mandibola era saldamente agganciata al cranio, dando al becco una presa notevole. Durante la caccia il becco veniva usato come un'accetta, presumibilmente per rompere la spina dorsale della vittima.[1]
Il Phorosrhacos appartiene e dà il nome alla famiglia dei phorusrhacidae, una famiglia di grandi uccelli predatori incapaci di volare ma ottimi corridori, caratterizzati da grandi becchi uncinati.[2] I ricercatori hanno spesso messo a confronto i phorusrhacidi con gli animali oggi più vicini a loro come i Cariamidae e i Sagittaridae, ma le loro differenze di massa corporea sono troppo drastiche, perciò gli scienziati non possono affidarsi totalmente ad essi per ricostruire le sembianze e le abitudini di questi animali.
Ci sono diversi sinonimi sia della specie che del genere:
Tra le ossa ritrovate negli strati della Formazione Santa Cruz (oggi considerata come risalente al Miocene medio), da Florentino Ameghino (1887), vi fu un frammento di una mandibola, che nello stesso anno il paleontologo identificò come la mandibola di un mammifero xenarthro, che nominò e descrisse come Phorusrhacos longissimus.
Il nome generico, Phorusrhacos, deriva dal greco antico φόρος/phoros parola che significa "portatore", unita alla parola ῥάκος/rhakos che significa "straccio" o "rugoso", probabilmente in riferimento alla superficie rugosa mascella.[3] Quando la derivazione originale non fu capita, furono introdotte altre traduzioni, come ad esempio la traduzione letterale di "ladro di rughe",[4] e/o "portatore di rugosità", tutto sul presupposto sbagliato che il nome fosse derivato dalla parola greca rhakis ossia "succursale".[5] Il nome specifico, longissimus, deriva invece dal latino e significa "molto lungo", sempre in riferimento alle mascella inferiore.
L'olotipo di questo animale è composta solo da parte della sua mandibola, catalogata come il campione MLP-118 (oggi esposta al Museo de La Plata). Nel 1889, Ameghino emendò un nuovo nome più grammaticalmente corretto, ossia Phororhacos, ma il nome precedente ebbe la priorità.
Solo nel 1891, grazie a resti fossili più completi l'animale è stato finalmente riconosciuto come un uccello.[6] I resti sono stati ritrovati in varie località della Provincia di Santa Cruz, Argentina.[6]
I paleontologi pensano che il Phorusrhacos, e animali simili, abitassero e cacciassero nei boschi e nelle praterie.
I suoi metodi di caccia probabilmente erano simili a quelli dei moderni serpentari dell'Africa. L'animale si avvicinava furtivamente alla preda, che nel caso di Phorusrhacos poteva essere una Macrauchenia o un Hipparion, dopodiché si lanciava sulla preda a tutta velocità. Si stima che la velocità massima in corsa di questo animale doveva raggiungere 70 km/h.[7] Una volta raggiunta la vittima, l'animale fletteva il collo e piantava la punta del becco nei punti vitali della sua preda. Difatti recenti studi biomeccanici dimostrano che il collo di questi animali era ben più portato per sopportare trazioni e sforzi verticali, anziché orizzontali. Una volta resa inerme la vittima veniva finita con il becco o con gli artigli delle zampe, per poi cibarsene dilaniando la carcassa con il becco mentre la teneva ferma con gli artigli.[8] È inoltre possibile che questi animali fungessero anche il ruolo di spazzini, nutrendosi non solo di animali vivi ma anche carogne.
Un attento esame sull'habitat dei phorusrhacidi, indica che quest'ultimi era forte minaccia e una spietata concorrenza per i mammiferi marsupiali predatori sparassodonti come i borhyaenidi e i thylacosmilidi, costringendo quest'ultimi a rifugiarsi negli habitat dalla densa vegetazione, per evitare scontri con i phorusrhacidi molto più aggressivi e che prediligevano le pianure aperte.[9]
Tra i 27 e i 2,5 milioni di anni, ci fu un considerevole aumento della popolazione di phorusrhacidi in Sud America, suggerendo che, in quel lasso di tempo questi animali erano i superpredatori incontrastati dei loro habitat.
Sebbene i motivi della loro estinzione siano tuttora da chiarire, tradizionalmente si pensava che l'estinzione degli "uccelli del terrore" combaciasse con l'emersione dell'istmo di Panama, che avrebbe consentito ai mammiferi predatori nordamericani, di espandersi in Sud America, entrando in diretta competizione per il cibo con il Phorusrhacos, e con i phorusrhacidi, che avrebbero in seguito perso questa competizione estinguendosi.[10]
Tuttavia oggi questa ipotesi è stata messa in discussione,[11] alla luce del fatto che i Bathornithidi, uccelli simili per anatomia e comportamento ai phorusrhacidi, vissero in Nord America per lungo tempo senza entrare in conflitto con i mammiferi carnivori nativi. Inoltre, diversi phorusrhacidi, come il Titanis, migrarono in Nord America durante lo scambio faunistico e convissero per diversi milioni di anni con grandi canidi e grandi felini, come lo Xenosmilus hodsonae, suggerendo che questi animali erano in grado di vivere e sopportare la concorrenza con i grandi mammiferi predatori placentati.[12] Pertanto, l'ipotesi più accreditata sull'estinzione del Phorusrhacos, è da attribuirsi ai bruschi cambiamenti climatici ed ambientali di quell'epoca.
Alcuni paleontologi hanno proposto che il Phorusrhacos e i phorusracidi, come la maggior parte della megafauna del Pleistocene, siano stati cacciati fino all'estinzione dalle attività umane. Tuttavia, questa idea non è più considerata valida, in quanto gli ultimi phorusrhacidi si sono estinti oltre un milione di anni prima dell'evoluzione degli esseri umani.
Sin dal diciannovesimo secolo, il Phorusrhacos è stato uno degli animali preistorici più famosi e meglio conosciuti al mondo, nonostante il basso numero di fossili ritrovati. Per questo l'animale apparve in libri, racconti ed in seguito documentari, film e serie tv:
L'animale fa anche varie apparizioni e cameo nei film Viaggio nella preistoria e L'isola misteriosa.
Nel documentario fantascientifico della BBC Animali del futuro, appare un uccello terricolo predatore futuristico chiamato Carakiller, che si basa notevolmente sul Phorusrhacos;
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