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Il beccabacche pettolimone o beccabacche codalunga (Melanocharis longicauda Salvadori, 1876) è un uccello passeriforme della famiglia Melanocharitidae[2].

Come leggere il tassobox
Come leggere il tassobox
Beccabacche pettolimone
Stato di conservazione
Rischio minimo[1]
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Sottoregno Eumetazoa
Superphylum Deuterostomia
Phylum Chordata
Subphylum Vertebrata
Superclasse Tetrapoda
Classe Aves
Sottoclasse Neornithes
Superordine Neognathae
Ordine Passeriformes
Sottordine Oscines
Infraordine Corvida
Famiglia Melanocharitidae
Genere Melanocharis
Specie M. longicauda
Nomenclatura binomiale
Melanocharis longicauda
Salvadori, 1876

Etimologia


Il nome scientifico della specie, longicauda, deriva dal latino ed è un riferimento all'aspetto di questi uccelli: il loro nome comune è invece un riferimento alla loro livrea.


Descrizione



Dimensioni


Misura 12,5 cm di lunghezza[3].


Aspetto


Veduta ventrale di maschio impagliato.
Veduta ventrale di maschio impagliato.

Si tratta di uccelli dall'aspetto paffuto e massiccio, muniti di testa allungata, becco sottile e di media lunghezza, forti zampe e coda piuttosto lunga (da cui il nome scientifico).

Il piumaggio presenta dimorfismo sessuale ben evidente: nei maschi fronte, vertice, nuca, dorso, ali e coda sono di colore nero lucido, con presenza di riflessi metallici bluastri o verdi su dorso, ali e coda coda, mentre gola, petto e ventre sono di colore grigio-giallastro (da cui il nome comune). Le femmine, invece, sono di colore bruno-olivastro dorsalmente e grigio-biancastro ventralmente.

In ambedue i sessi becco e zampe sono di colore nerastro, mentre gli occhi sono di colore bruno scuro.


Biologia


Si tratta di uccelli diurni, che possono essere osservati da soli o in coppie fra i cespugli o i rami bassi degli alberi.


Alimentazione


La dieta di questi animali si compone in massima parte di bacche e piccoli frutti maturi, nonché di insetti ed altri piccoli invertebrati (soprattutto ragni[3]).


Riproduzione


Una femmina in condizioni riproduttive è stata osservata nel mese di settembre ed un nido (struttura piuttosto voluminosa in rapporto alle dimensioni della specie, costruita sulla punta del ramo di un albero con fibre vegetali e licheni intrecciati) in gennaio[3]: se ne deduce che la specie dovrebbe riprodursi durante la stagione secca. Mancano però altre informazioni riguardo alla riproduzione di questi uccelli, che tuttavia molto verosimilmente segue per modalità e tempistica quanto osservabile nelle specie congeneri.


Distribuzione e habitat


Il beccabacche pettolimone è endemico della Nuova Guinea, della quale popola le aree montuose della penisola di Doberai, i monti Maoke, i monti Bismarck orientali ed i monti Owen Stanley, oltre alla penisola di Huon, mentre pare assente dagli altipiani centrali.

L'habitat di questi uccelli è rappresentato dalla foresta pluviale montana primaria e secondaria, privilegiando le aree con sottobosco molto denso.


Tassonomia


Maschio impagliato della presunta sottospecie chloris.
Maschio impagliato della presunta sottospecie chloris.

Se ne riconoscono tre sottospecie[2]:

Alcuni autori riconoscono anche le sottospecie chloris dei monti Maoke e umbrosa delle Star Mountains, ambedue sinonimizzate con la nominale.
Lo status tassonomico delle popolazioni della penisola di Bomberai è ancora da chiarire: si pensa che esse possano appartenere a una sottospecie o addirittura una specie a sé stante[4].


Note


  1. (EN) BirdLife International 2012, Melanocharis longicauda, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. (EN) Gill F. and Donsker D. (eds), Family Melanocharitidae, in IOC World Bird Names (ver 9.2), International Ornithologists’ Union, 2019. URL consultato il 17 gennaio 2018.
  3. (EN) Mid-mountain Berrypecker (Melanocharis longicauda), su Handbook of the Birds of the World. URL consultato il 17 gennaio 2018.
  4. Diamond, J. & Bishop, K. D., Avifaunas of the Kumawa and Fakfak Mountains, Indonesian New Guinea, in Bull. Brit. Orn. Club, vol. 135, n. 4, 2015, p. 292–336.

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