Il tarlo vespa del pioppo (Paranthrene tabaniformis (Rottemburg, 1775)) è un lepidottero appartenente alla famiglia Sesiidae, diffuso in Eurasia, Nordafrica e America Settentrionale[1][2][3].
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Stato di conservazione | |
![]() Specie non valutata | |
Classificazione scientifica | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Animalia |
Sottoregno | Eumetazoa |
Superphylum | Protostomia |
Phylum | Arthropoda |
Subphylum | Tracheata |
Superclasse | Hexapoda |
Classe | Insecta |
Sottoclasse | Pterygota |
Coorte | Endopterygota |
Superordine | Oligoneoptera |
Sezione | Panorpoidea |
Ordine | Lepidoptera |
Sottordine | Glossata |
Infraordine | Heteroneura |
Divisione | Ditrysia |
Superfamiglia | Cossoidea |
Famiglia | Sesiidae |
Sottofamiglia | Sesiinae |
Tribù | Paranthrenini |
Genere | Paranthrene |
Specie | P. tabaniformis |
Nomenclatura binomiale | |
Paranthrene tabaniformis (Rottemburg, 1775) | |
Sinonimi | |
Aegeria tricincta | |
Sottospecie | |
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È definito "vespa" perché allo stadio di adulto assomiglia agli Imenotteri vespoidei[2][3].
Allo stadio di adulto, il tarlo vespa ha l'aspetto di una farfalla[3], con un'apertura alare di 20-35 millimetri[1][2][3]. Il colore del corpo è nero[2][3]. Sul torace si innestano le ali[2]; quelle anteriori sono ricoperte da squame che danno loro una colorazione brunastra[1][2][3], mentre le ali posteriori sono trasparenti[2][3]. L'addome presenta delle fasce circolari gialle[1][2][3] e dei peli scuri sulla porzione distale[3].
Allo stato di larva, il tarlo vespa è eruciforme[2] ed ha una lunghezza di 25-35 millimetri[3]. Il corpo è di colore bianco; il capo è bruno e la placca prototoracica è gialla[2][3]. Dall'addome, in corrispondenza dell'ultimo tergite, fuoriescono due piccole spine[2].
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Il ciclo vitale del tarlo vespa dura circa un anno solare[1].
Tra maggio e luglio si ha lo sfarfallamento degli adulti[1][2][3], con maggiore intensità nella seconda metà di giugno[3]. Durante questa fase, si notano i residui lasciati dalle crisalidi in corrispondenza dei fori di uscita dalla corteccia[3] di rami e germogli, dove esse hanno svernato sotto forma di larve.
Durante lo sfarfallamento, si ha l'accoppiamento degli adulti[3]; in seguito, le femmine depongono le uova sui rami delle piante giovani[2][3]; in particolare, l'ovideposizione avviene in corrispondenza dei germogli, dell'attaccatura delle foglie e delle screpolature della corteccia, ed è più frequente su rami e germogli lesionati[2][3].
Una[3] o due[1] settimane dopo la deposizione delle uova, nascono le larve, che cominciano a scavare piccole gallerie sotto la corteccia[3]; in seguito, esse raggiungono il midollo della pianta, e scavano anche qui delle gallerie, della lunghezza di 12-14 centimetri[1][2].
All'arrivo della stagione fredda, le larve costruiscono delle celle all'interno del midollo, dove si ibernano per trascorrere l'inverno[1][2][3]. All'inizio della primavera successiva, esse si risvegliano, e completano lo sviluppo a maggio[1][2]. A questo punto, ognuna di esse scava un foro di uscita nella corteccia; subito dopo avviene la trasformazione in crisalide[1][2].
Il tarlo vespa è un insetto fitofago[3] e vive a spese del pioppo[1][2][3], di cui è considerato uno dei peggiori parassiti[3]; lo si può trovare anche sul salice[1][3] e sulla betulla[1].
Il tarlo vespa ha vari antagonisti naturali:
Il danno causato dal tarlo vespa è legato all'azione delle larve[3]: le gallerie che queste scavano determinano dei rigonfiamenti del tessuto della piante, in corrispondenza dei punti di ingresso delle larve nella corteccia[2][3]; tali deformazioni sono ben visibili dall'esterno, in particolare nelle piante dell'età di un anno[1][2]. Come danno indiretto ulteriore, le gallerie indeboliscono la pianta e la rendono più vulnerabile agli attacchi di alcuni agenti patogeni, come la Carie ed il Cancro della corteccia, che sono agevolati dalle lesioni create dalle larve[3]. Infestazioni anche piccole creano un grosso danno economico, in quanto i giovani pioppi attaccati sono resi inutilizzabili a fini commerciali[2]. Il periodo di dannosità dura un intero anno (da maggio a maggio)[2].
Per scegliere il momento giusto per intervenire, è opportuno individuare il momento di massimo sfarfallamento. La popolazione degli adulti può essere censita tramite due metodi:
La lotta di tipo chimico viene effettuata con una serie di trattamenti di numero variabile (da due a quattro)[2][3]; questi trattamenti sono distanziati circa 15 giorni l'uno dall'altro[2][3]. Una tecnica opportuna è l'utilizzo di insetticidi incapsulati che, rilasciando il principio attivo più lentamente, permettono di distanziare maggiormente i trattamenti, mantenendo comunque una protezione delle piante pressoché costante[3]. Tra le sostanze utilizzate, ci sono fosforganici (Fenitrotion, Fentoate)[2]. Se l'attacco non è diffuso, oppure avviene fuori dal vivaio, si possono uccidere le larve in maniera diretta, inserendo nelle gallerie dei fuscelli antitarlo oppure dei mastici cui sono stati addizionati degli insetticidi[1][3]. Per impedire preventivamente la deposizione delle uova, si utilizza del gammesano, con cui si irrorano le piante nel periodo dello sfarfallamento[1]. In ogni caso, bisogna distruggere le piante colpite[1][2].
La lotta di tipo biologico, ancora in fase sperimentale, ha dato risultati promettenti[3]; essa si basa sull'utilizzo del fungo Beauveria bassiana[3] oppure di Nematodi appartenenti al genere Neoaplectana[3]; questi ultimi si sono rilevati particolarmente efficaci[3].
Vive in Europa, in Nord Africa ed in Asia; in Italia è comunemente diffuso[1].
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