Il gatto di Pallas (Otocolobus manul, Pallas, 1776), noto anche come manul o gatto delle steppe, unica specie del genere OtocolobusBrandt, 1842, è un piccolo rappresentante della famiglia dei Felidi diffuso in Asia centrale.[2]
La sopravvivenza di questo felide è minacciata dalla distruzione del suo habitat naturale e dalla mancanza di prede.
Dal 2020, il manul è stato classificato come specie a rischio minimo.
Il suo nome deriva dal primo zoologo che lo descrisse, il tedesco Peter Simon Pallas.
Il manul è lungo circa 60 centimetri, a cui se ne aggiungono altri 25 per la coda.[senzafonte] Il pelo è di color ocra con delle strisce verticali, a volte non visibili essendo la pelliccia molto spessa. Il colore, comunque, cambia al variare delle stagioni: d'inverno, infatti, è più tendente al grigio e più uniforme.
Il gatto di Pallas possiede molte caratteristiche che lo distinguono dagli altri felini. Le zampe sono corte, la parte posteriore è piuttosto pronunciata e il pelo è molto lungo e spesso.
Le orecchie, tonde e basse, fanno sì che il gatto di Pallas abbia un aspetto che, in qualche modo, ricorda quello di un gufo. Del resto, per via del suo muso piatto, il manul un tempo era creduto essere l'antenato del gatto persiano. A differenza di altri felidi, la pupilla, al momento di massima luminosità, si riduce ad una piccola sfera anziché ad una sottile linea verticale.
Distribuzione e habitat
Il gatto di Pallas è diffuso soprattutto nelle steppe dell'Asia centrale (Cina e Mongolia), ma il suo areale si estende ad ovest sino all'Iran, all'Armenia e all'Azerbaigian. Si osserva sino a 5.050 m di altitudine.[1]
Biologia
Si tratta di un predatore notturno, che si ciba di roditori, pika e uccelli.[senzafonte]
Otocolobus manul nigripecta, Kashmir, Nepal, Tibet
Conservazione
A lungo cacciato per la sua pelliccia, è protetto in gran parte delle zone dove è diffuso. Dal momento che si ciba di animali spesso dannosi per l'agricoltura, è ritenuto un animale benefico. Tuttavia, i pesticidi utilizzati per i pika e i ratti possono risultare pericolosi anche per il manul.
Nel mese di luglio 2020, nello zoo di Novosibirsk "R.A. Shilo", tre femmine manul hanno portato prole, generando 16 cuccioli.[3]
Note
(EN) Ross, S., Barashkova, A., Dhendup, T., Munkhtsog, B., Smelansky, I., Barclay, D. & Moqanaki, E. 2020, Otocolobus manul, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020. URL consultato il 7 gennaio 2020.
(EN) D.E. Wilson e D.M. Reeder, Otocolobus manul, in Mammal Species of the World. A Taxonomic and Geographic Reference, 3ªed., Johns Hopkins University Press, 2005, ISBN0-8018-8221-4.
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